La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea rende omaggio a Vanni Scheiwiller, personaggio che ha attraversato come pochi la cultura, non solo italiana, del Novecento, impegnato in esperienze professionali intense per ricchezza e qualità, quasi sempre intrecciate con le vicende personali di poeti e artisti.
La parentela con lo scultore Adolfo Wildt, nonno materno di Scheiwiller, è la garanzia di una precoce familiarità con l’arte. Wildt insegna all’Accademia di Brera ed è il maestro di Fausto Melotti, il più amato da Vanni, due figure che sono rispettivamente il punto di partenza e quello di arrivo nel suo incontro con il mondo dell’arte.
Nella ricorrenza dei vent’anni dalla morte avvenuta nel 1999, questa mostra mette al centro il talento di Scheiwiller, focalizzandosi sul suo lavoro di editore d’arte, sensibile intenditore e amico di artisti, che ha frequentato e seguito, anche con il suo lavoro di “cronista” in giornali e riviste.
La mostra, che attraversa quasi un secolo, ruota attorno a due sale dedicate a Adolfo Wildt e a Fausto Melotti, toccando scuole, tendenze e linguaggi incrociati da Vanni Scheiwiller.
Le opere, collezionate da Vanni e, dal 1980, da sua moglie Alina, in massima parte ancora nella casa milanese, sono dei seguenti artisti: Vincenzo Agnetti, Rafael Alberti, Assadour, Kengiro Azuma, Amerigo Bartoli, Luigi Bartolini, Carlo Belli, Jan Berdyszak, Martin Bradley, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Felice Casorati, Enrico Castellani, Arnoldo Ciarrocchi, Roman Cieślewicz, Eduardo Chillida, Fabrizio Clerici, Jean Cocteau, Pietro Consagra, Aldo Galli, Giorgio de Chirico, Enrico Della Torre, Stanisław Fijałkowski, Fillia, Lucio Fontana, Tullio Garbari, Henri Gaudier Brzeska, Franco Gentilini, Arnaldo Ginna, Gianluigi Giovanola, Jerzy Grabowski, Alina Kalczynska, Janina Kraupe, Bice Lazzari, Osvaldo Licini, Leo Longanesi, Mino Maccari, Mario Mafai, Piero Manzoni, Giacomo Manzù, Arturo Martini, Marcello Mascherini, Tadeusz Myslowski, Amedeo Modigliani, Giorgio Morandi, François Morellet, Bruno Munari, Giulia Napoleone, Mario Nigro, Gastone Novelli, Roman Opalka, José Ortega, Ryszard Otręba, Jerzy Panek, Ivo Pannaggi, Tancredi Parmeggiani, Pablo Picasso, Edmund Piotrowicz, Antonietta Raphaël, Regina, Nino Ricci, Elio Roccamonte, Angelo Savelli, Alberto Savinio, Ruggero Savinio, Gino Severini, Scipione, Krzysztof Skòrczewski, Silvano Scheiwiller, Jan Tarasin, Antoni Starczewski, Guido Strazza, Emilio Vedova, Luigi Veronesi, Renzo Vespignani, Giuseppe Viviani, Anna Sobol Wejman, Ryszard Winiarski, Stanislaw Wòjtowicz, Ewa Zawadzka.
Pittura, scultura, disegno, opera grafica sono i vari linguaggi espressivi delle opere esposte. La mostra include, inoltre, prezioso materiale d’archivio come libri, immagini e documenti utili per ricostruire la lunga storia di Vanni Scheiwiller e i suoi rapporti nella cultura del ‘900. Nei mesi di novembre e dicembre si terranno conversazioni con amici e testimoni della vita e dell’opera di Vanni Scheiwiller.
Vanni Scheiwiller nasce a Milano l’8 febbraio 1934 da Giovanni, libraio ed editore, e da Artemia Wildt. Nel 1951 il padre cede al figlio, ancora studente liceale, l’attività della casa editrice All’Insegna del Pesce d’Oro. Poesia e arte sono le due vocazioni della casa che Vanni ugualmente rispetta pur cercando, per far quadrare i conti, consulenze editoriali (Rusconi, Garzanti, Mondadori) e tenendo rubriche d’arte per diversi periodici (“Europeo”, “Panorama”, “Il Sole 24 ore-Domenica”). Nel 1977 fonda la seconda casa editrice, Libri Scheiwiller, con cui pubblica prestigiose collane legate alla committenza bancaria. Significative quelle sostenute dal Credito Italiano (Antica Madre, Civitas Europaea), da gruppi industriali (Gli artisti italiani in Russia) e altri istituti bancari (Presenze straniere nella vita e nella storia d’Italia, Presepi, Scrittori vicentini). Nel 1980 sposa l’artista polacca Alina Kalczyńska e per suo tramite la cultura polacca del secondo ‘900 – e specialmente la poesia – entra in Italia. I Premi Nobel C. Miłosz (1980) e W. Szymborska (1996), oggi la poetessa più letta e amata in Italia, trovano in lui il primo editore. Muore a Milano il 17 ottobre 1999.
Vanni Scheiwiller e l’arte da Wildt a Melotti
Gli anni giovanili di formazione e gli inizi come editore di poesia
A distanza di vent’anni dalla sua scomparsa, la figura di Vanni Scheiwiller (Milano, 1934-1999) non cessa di suscitare ammirazione e interesse per l’intelligenza, la sensibilità, il talento con cui ha saputo interpretare il suo ruolo di piccolo grande editore, amico di artisti e poeti, in quasi mezzo secolo di attività. Figlio d’arte, perché suo padre Giovanni Scheiwiller (1889-1965), per decenni direttore della libreria Hoepli di Milano, aveva avviato nel 1925 la prima collana di “Arte Moderna Italiana” (libri di formato ridotto, con molte illustrazioni e una accurata bibliografia relativa a mostre e studi, assoluta novità per il mercato editoriale italiano) che dal 1936 (dal nome di una trattoria milanese distrutta dai bombardamenti) diventerà casa editrice All’insegna del Pesce d’Oro. Nel 1951, il padre propone a Vanni, ancora studente liceale, di farsi carico dell’attività editoriale domestica (dato che a lungo la sede rimane in casa, in via Melzi d’Eril 6). Il ragazzo accetta e quasi da solo, per diversi anni, prosegue l’attività, rispettando i due filoni fondamentali del Pesce d’oro: arte e letteratura. La prima è dominante nelle scelte del padre che solo con le 18 poesie di Leonardo Sinisgalli, del 1936, si apre alla poesia ma con la poesia conclude proprio nel 1951, quando passa la mano al figlio: si tratta di Poetesse del Novecento, formalmente curato da Giovanni, ma i curatori veri dietro le quinte sono Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani. Vanni si laurea nel 1960 con una tesi su Alberto Savinio e/o il surrealismo in Italia, ma l’amore e l’interesse per la poesia sono e rimangono l’altra costante della sua vita, ne fanno forse il primo editore di poesia nel ‘900 italiano: la collana Acquario (1955-1999) si apre con Sbarbaro e Rebora e Tessa, ma Vanni sarà anche l’editore del Gruppo 63. E il suo debutto da editore coincide con la sua prima battaglia in nome della poesia, impegnandosi per la liberazione di Ezra Pound dal manicomio criminale.
Scheiwiller e l’arte
L’arte è comunque sempre presente in casa Scheiwiller: la madre di Vanni, Artemia Wildt, è figlia di Adolfo, artista celebre e celebrato, docente all’Accademia di Brera, maestro di Fausto Melotti, dal 1928 suo allievo con Lucio Fontana. E nel 1935 viene pubblicato Kn di Carlo Belli, cugino di Fausto Melotti (per Kandinskij “il Vangelo dell’arte astratta”) nelle edizioni del Milione, che Vanni ristamperà nel 1972 e ancora nel 1988. Osservatore complice e amico, Vanni nel 1962 pubblica poi Obsoleto di Vincenzo Agnetti e le 8 tavole di accertamento di Piero Manzoni (che tra l’altro era stato compagno di liceo al Leone XIII), prefazione dello stesso Agnetti.
In quello stesso e fecondo 1962 l’editore inaugura la nuova serie della gloriosa collana di suo padre, l’“Arte moderna italiana” che proseguirà fino al 1999 – anno della sua morte – raggiungendo i 117 titoli. E si trattava quasi sempre di volumetti-catalogo, in concomitanza di personali o di mostre particolari (molto spesso con doppia tiratura, una più alta e una più ridotta accompagnata da opere grafiche originali).
Vanni si dimostra, nelle note editoriali, quasi sempre critico attento e puntuale, acuto e sintetico, anche se dissimulava il suo ruolo, nelle tante collaborazioni giornalistiche, definendosi “cronista d’arte”. In realtà, il lunghissimo catalogo di libri d’artista da lui pubblicati delinea ben altra storia.
Se la nuova serie (partendo in continuità, però, dal n. 51) inizia con Giuseppe Viviani (“Viviani lo ereditai da mio padre agli inizi degli anni Cinquanta; io editore in erba, diciassettenne, con un occhio critico agli artisti di mio padre - e una certa insofferenza per il Novecento - e con l’altro rivolto all’arte astratta e alle avanguardie storiche, bestie nere tutte di un amico carissimo ma scomodo come Viviani...”), dal n. 3, del 1967, si affermano le predilezioni del giovane editore: Sculture astratte di Fausto Melotti: 1934-1935 e 1962. Quello che per suo padre fu Amedeo Modigliani (sino a tenerne la maschera funebre in camera da letto...) artista amatissimo e studiato con lungimirante competenza, Fausto Melotti fu invece l’artista forse più amato da Vanni, con una stima affettuosa che non venne mai meno. Nella nuova serie troviamo poi certamente gli astrattisti e gli artisti del Mac, Regina in primis, ma molti appartenenti alla Scuola Romana e poi Pietro Consagra e Vedova e i tanti futuristi di seconda generazione. Sempre libero e anticonformista nelle sue scelte, Vanni è infatti tra i primi a riscoprire e rivalutare l’opera dei futuristi primi e secondi (nel periodo in cui, notava ironicamente, le opere maggiori s’involavano all’estero nel disinteresse o dispregio generale patrio) e dunque ecco alcuni preziosi volumetti e il grato ringraziamento di Fillia e Cangiullo e Farfa...
Da Milano a Roma
Intanto, il teatro d’azione di Vanni si è allargato, non è più solo Milano, ma anche Roma: qui si reca periodicamente (a casa della nonna materna Wildt, in via Dandolo) dalla seconda metà degli anni ’50 e stringe amicizia con artisti e poeti e con la schiera di scrittori dal segno o dalla parola graffiante: Mino Maccari e Leo Longanesi, Gaio Fratini e Ennio Flaiano, Amerigo Bartoli e Tito Balestra che entreranno naturalmente nelle edizioni del Pesce d’Oro. Dà bene il quadro di quella varietà e ricchezza di rapporti Luciana Stegagno Picchio, raccontando di una serata in casa di Rafael Alberti: «Ricordo ancora la gente sul terrazzo, la paella al centro della grande sala dal pavimento di maioliche azzurre, il poeta Murilo Medes e sua moglie Saudade accanto a Vinicius de Moraes curvo sulla chitarra, Alberto Moravia in accesa conversazione con Miguel Angel Asturias, Vanni Scheiwiller, Achille Perilli e Piero Dorazio alla finestra con Giuseppe Ungaretti e poi tutt’intorno Vittorio Bodini che stava traducendo con enorme partecipazione Degli angeli in discussione con Dario Puccini, primo traduttore di Ritratti di contemporanei e ora impegnato nella traduzione di Lozana Andalusa..».
È però soprattutto, dal 1962, complici Sinisgalli e De Libero, l’amicizia con Giuseppe Appella che si tramuta in una lunghissima e fraterna collaborazione, per la comune frequentazione di artisti, per iniziative editoriali, per mostre, per scoperte di libri dimenticati e trattorie senza stelle; essa diventa anche la consuetudine di percorrere insieme le strade delle Marche e del sud, dalla Campania alla Lucania e alla Puglia, dalla Calabria alla Sicilia. Cercando gli artisti dimenticati o sottovalutati e onorando gli artigiani (specialmente dell’antica arte dei presepi), e costruendo nel frattempo, con i volumi dell’“Antica Madre”, un monumento ineguagliabile all’archeologia mediterranea.