La Galleria Nazionale presenta la mostra I is an Other / Be the Other, a cura di Simon Njami, con le opere di 17 artisti contemporanei di origine africana.
Gli artisti in mostra, provenienti dal continente africano ma di formazione e ispirazione internazionale, condividono un orizzonte di ricerca comune sul rapporto con l’ignoto, che si individua a partire dall’incontro con l’altro.
Attraverso 34 opere, che includono pittura, scultura, installazioni, video, fotografia e performance, la mostra parla del rapporto con l’altro, punto di partenza per la nostra conoscenza del mondo. Ogni artista esprime la propria ricerca dell’alterità, affidandosi ora alla mitologia, ora all’elemento visionario, al gioco, all’ironia, restituendo una grande varietà di interpretazioni.
Il passato e il futuro si intrecciano e restituiscono una diversa visione della storia, caleidoscopica e aperta a stratificazioni temporali insolite, in cui si muovono le ricerche di questi artisti. La coralità delle loro opere dà forma ad un ricco insieme di prospettive con cui osservare la realtà. Accanto a maschere è quindi possibile trovare sculture di Nick Cave, evocative di ritualità immaginarie. Proprio la maschera è, per Simon Njami, il punto di partenza per indagare la relazione con l’altro, che mentre nasconde allude a qualcosa di diverso, fuori dal conosciuto.
Muovendosi invece nell’indagine del rapporto con lo spazio, Maurice Pefura mette in scena una Divina Commedia, sorta di labirinto dove le pagine che compongono le pareti recano iscrizioni visibili solo da certi angoli, accompagnandoci in un rito di iniziazione.
Il trittico di Bili Bidjocka ci trasporta nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso, senza che ci sia davvero un ordine preciso per compiere questo viaggio, nel corso del quale ognuno è libero di scegliere la propria idea di temporalità.
Mehdi-Georges Lahlou propone riletture ironiche, mentre Theo Eshetu inventa figure mutanti con molteplici volti che si intrecciano a formare una figura unica, un volto universale che non corrisponde a nulla che possiamo conoscere.
Anche Jane Alexander crea un mondo in mutamento, un mondo post-apocalittico, che riecheggia nel lavoro di Phyllis Galembo.
Wifredo Lam rivisita il pantheon vudù cubano, che trae le proprie origini nel Golfo del Benin, come una bussola che non indica alcuna direzione, mentre all’arte tessile si dedica Igshaan Adams, mediante le linee geometriche di un labirinto che non porta da nessuna parte. È questa stessa sensazione di labirinto, non fisico ma mentale, che emerge dalle composizioni di Paulo Kapela, per raccontarci una storia che non è mai avvenuta, come la Venere di Gille Gacha, rappresentante di un mito che contiene tutti i miti.
Le parole di Simon Njami delineano la cornice di questo ambizioso progetto e della mostra I is an Other / Be the Other: “Il primo motore della tua esistenza, quello che ti fa uscire dalla tua caverna per spingerti oltre, oltre ciò che hai già visto, oltre ciò che già sai, è il bisogno di un altro. In ogni caso, favorevole o contrario, solo un altro ti permette di costruirti. È d’obbligo dunque ringraziarlo. Senza un altro, rinchiuso in te stesso, non avresti alcuna presenza nel mondo (...). La mostra invita a vivere esattamente questa esperienza di gioco di ruolo, nel senso psicanalitico del termine, proponendoci per un attimo di uscire da noi stessi per provare, con il corpo e con l’anima, l’ebbrezza di essere l’altro.”