Il contributo di Marilù Oliva per la webserie HERCULES – Che fatica!
"Siete mai stati nell’Egeo, a Rodi, Samo o nelle Cicladi dal mare azzurrino? Non tutti i naviganti che lambiscono le mie isole sanno che un tempo queste terre rocciose non esistevano: un mare limpido separava una costa dall’altra. Fino al giorno in cui Ercole, fuori di sé, mi afferrò e mi scagliò lontano con le sue potenti braccia. Io volai nell’etere e sentii l’urto del vento, prima di frantumarmi in mille pezzi: alcuni caddero negli abissi per sempre, altri affiorarono.
Non posso spiegarvi il legame fiduciario stretto tra me e l’eroe: io ero il suo araldo, lui si fidava ciecamente. I sentimenti che provavo nei suoi confronti erano un misto di ammirazione e idolatria. Ero orgoglioso di eseguire i suoi ordini e mi stupivo ogni volta che ripensavo alle sue immani fatiche: mai nessuno fu più forte di lui. Non era solo il suo corpo imponente e massiccio a indurre stupore: era l’energia che trasudavano i suoi muscoli tesi, ma soprattutto era la rivalsa di un coraggio che nessuno aveva mai spezzato.
Sapete cosa si prova l’istante in cui muta all’improvviso lo sguardo della persona che hai servito per anni con devozione? Il momento in cui quella persona smette di fidarsi di te e ti considera un traditore? Il suo sguardo deluso e adirato mi bruciò l’anima. Ma ancora di più mi pesò la sua convinzione che io fossi colpevole.
Mi voleva punire, pensava che lo avessi voluto avvelenare con quella veste che lo stava logorando. Ma se io avessi saputo il danno che quell’indumento gli avrebbe arrecato… non gliel’avrei mai consegnato! Come avrei potuto immaginare che era intriso del veleno di Nesso, l’astuto centauro che aveva trovato il modo di castigare anche da morto?
Quel giorno maledetto in cui Nesso aveva tentato di violentare la moglie di Ercole - Deianira, la bellissima principessa di Calidone - Ercole l’aveva salvata trafiggendo Nesso con una freccia. Il centauro, seppur agonizzante, aveva suggerito a Deianira di intridere una veste col suo sangue di creatura morente: qualora il marito si fosse invaghito di un’altra donna, sarebbe bastato fargliela indossare per riaverlo, bruciante d’amore come il primo giorno. Che tremendo inganno! Quelle gocce avvelenate appartenevano invece all’Idra di Lerna: due vittime delle fatiche del mio padrone avevano tratto vendetta dal medesimo imbroglio.
Nonostante Deianira fosse una donna messa da parte per un’altra e quindi umiliata, nemmeno lei lo avrebbe mai potuto uccidere: era troppo innamorata. Ma Ercole queste cose non le sapeva e l’istinto gli aveva detto di accanirsi contro di me, che avrei dato la vita per lui. Accecato dal dolore, mi prese e mi scaraventò lontano.
Non mi ferì l’aggressione improvvisa, né lo schiaffo dell’aria. Non mi ferì nemmeno l’impatto tagliente con le rocce né il mio corpo che si disintegrava né il tonfo nelle acque, no: ciò che mi lacerò l’anima fu che Ercole avesse davvero dubitato di me.
A tutti dovrebbe essere concessa la possibilità di difendersi.
Altrimenti le persone vengono distrutte due volte".
Lica
"Siete mai stati nell’Egeo, a Rodi, Samo o nelle Cicladi dal mare azzurrino? Non tutti i naviganti che lambiscono le mie isole sanno che un tempo queste terre rocciose non esistevano: un mare limpido separava una costa dall’altra. Fino al giorno in cui Ercole, fuori di sé, mi afferrò e mi scagliò lontano con le sue potenti braccia. Io volai nell’etere e sentii l’urto del vento, prima di frantumarmi in mille pezzi: alcuni caddero negli abissi per sempre, altri affiorarono.
Non posso spiegarvi il legame fiduciario stretto tra me e l’eroe: io ero il suo araldo, lui si fidava ciecamente. I sentimenti che provavo nei suoi confronti erano un misto di ammirazione e idolatria. Ero orgoglioso di eseguire i suoi ordini e mi stupivo ogni volta che ripensavo alle sue immani fatiche: mai nessuno fu più forte di lui. Non era solo il suo corpo imponente e massiccio a indurre stupore: era l’energia che trasudavano i suoi muscoli tesi, ma soprattutto era la rivalsa di un coraggio che nessuno aveva mai spezzato.
Sapete cosa si prova l’istante in cui muta all’improvviso lo sguardo della persona che hai servito per anni con devozione? Il momento in cui quella persona smette di fidarsi di te e ti considera un traditore? Il suo sguardo deluso e adirato mi bruciò l’anima. Ma ancora di più mi pesò la sua convinzione che io fossi colpevole.
Mi voleva punire, pensava che lo avessi voluto avvelenare con quella veste che lo stava logorando. Ma se io avessi saputo il danno che quell’indumento gli avrebbe arrecato… non gliel’avrei mai consegnato! Come avrei potuto immaginare che era intriso del veleno di Nesso, l’astuto centauro che aveva trovato il modo di castigare anche da morto?
Quel giorno maledetto in cui Nesso aveva tentato di violentare la moglie di Ercole - Deianira, la bellissima principessa di Calidone - Ercole l’aveva salvata trafiggendo Nesso con una freccia. Il centauro, seppur agonizzante, aveva suggerito a Deianira di intridere una veste col suo sangue di creatura morente: qualora il marito si fosse invaghito di un’altra donna, sarebbe bastato fargliela indossare per riaverlo, bruciante d’amore come il primo giorno. Che tremendo inganno! Quelle gocce avvelenate appartenevano invece all’Idra di Lerna: due vittime delle fatiche del mio padrone avevano tratto vendetta dal medesimo imbroglio.
Nonostante Deianira fosse una donna messa da parte per un’altra e quindi umiliata, nemmeno lei lo avrebbe mai potuto uccidere: era troppo innamorata. Ma Ercole queste cose non le sapeva e l’istinto gli aveva detto di accanirsi contro di me, che avrei dato la vita per lui. Accecato dal dolore, mi prese e mi scaraventò lontano.
Non mi ferì l’aggressione improvvisa, né lo schiaffo dell’aria. Non mi ferì nemmeno l’impatto tagliente con le rocce né il mio corpo che si disintegrava né il tonfo nelle acque, no: ciò che mi lacerò l’anima fu che Ercole avesse davvero dubitato di me.
A tutti dovrebbe essere concessa la possibilità di difendersi.
Altrimenti le persone vengono distrutte due volte".
Lica