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Piazze d'Italia
di Valerio Paolo Mosco


 

C’è un libro di un grande autore, Naipaul, dedicato ad un’opera di de Chirico: “L’enigma dell’ora”. È una storia autobiografica. Il protagonista per una serie di casi, si ritrova a vivere in un paesino di campagna inglese: lì incontra l’enigma dell’ora. La vita nel paesino scorre uguale a sé stessa seguendo ritmi e riti che diventano per lui abituali. Nel ripetersi degli eventi il protagonista incontra un tempo diverso: ciclico, intriso di una noia consolatrice. Scova anche, inaspettato, un altro sé e la scoperta lo affascina, la sente come l’inizio di una nuova avventura a cui non potrà sottrarsi. Ma l’enigma dell’ora non è questo. L’enigma è che, nonostante quello che appare l’eterno ritorno all’identico, tutto cambia. Cambiano le stagioni, cambiano le persone; alcune scompaiono, altre arrivano. I campi e le bestie pure subiscono trasformazioni.  L’enigma è allora la scoperta di un tempo solo all’apparenza immobile e ripetitivo, lo stesso che stiamo iniziando a vivere oggi, nella quarantena indotta dalla pandemia.

 

Giorgio de Chirico, Piazza d'Italia con statua, 1937
Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea

 

Ci ritroviamo allora a milioni nascosti e timorosi sotto i portici nel meriggio di una piazza di de Chirico, in attesa di un mondo nuovo che riempirà quello spazio dove ora ci sono null’altro che ombre lunghe. Alcuni di noi sottovoce ricordano il tempo futurista e rutilante di prima; dalla loro voce sembra che lo facciano senza particolari nostalgie. Altri non parlano affatto; altri ancora ingannano l’attesa con quelle futilità in cui è misteriosamente nascosta la solidarietà tra le persone. Uno tra loro, quando improbabile passa nella piazza piena di vuoto una ragazzina con il suo cerchio, si ricorda di una frase di Shakespeare e senza enfasi, quasi parlasse a sé stesso, la declama: “Ma il pensiero è schiavo della vita e la vita è il buffone del tempo e il tempo, che tutto abbraccia, si deve fermare".