Il fondo Franco Nonnis
Un artista dai molti interessi negli anni della più libera sperimentazione delle arti, tra pittura, musica e scenografia
Nella cornice di un periodo storico estremamente vivace e di grandi trasformazioni in cui arti visive, musica, teatro e letteratura cercano continuamente punti di contatto e di fusione per un superamento dei propri confini espressivi, emerge un artista di grande talento e di grandissima cultura, ma anche dotato di un’innata saggezza che lo ha reso un saldo riferimento per quanti sono entrati in relazione con lui. In Franco Nonnis (Roma, 1925 –1991), l’ampliamento dei propri orizzonti culturali si accompagna ad un interesse per la sperimentazione che qualifica tutto il suo percorso, qualunque sia il linguaggio espressivo su cui sceglie di soffermarsi: disegno, pittura, grafica, teatro e scenografia.
Il fondo documentario di Nonnis, uno dei più recenti tra quelli acquisiti dall’Archivio della Galleria Nazionale, conserva il materiale di un artista attivo in molteplici campi al punto da essere rilevante non solo per la ricostruzione della sua carriera ma anche per la storia del teatro e di tutto un entourage culturale d’avanguardia tra gli anni Cinquanta e Settanta in particolare.
Nell’evoluzione del suo percorso artistico, eterogeneo e affascinante, hanno giocato certamente un ruolo importante le esperienze formative giovanili: gli studi di matematica e fisica, la formazione filosofica, la passione per la pittura e i lunghi soggiorni in Germania, respirando l’aria delle correnti dell’astrattismo tedesco e la musica sperimentale, ma anche la frequentazione di artisti e intellettuali contemporanei, come Achille Perilli, Roberto Melli e Ottone Rosai.
Proprio la matematica diviene lo strumento espressivo con cui crea progetti di sperimentazione musicale collaborando con l’amico e compositore Franco Evangelisti, nome di punta per la musica contemporanea d’avanguardia a partire dagli anni Cinquanta. È Nonnis a dare forma ai complessi procedimenti di calcolo combinatorio e non solo che entrano nella partitura di opere come Incontri di Fasce Sonore (1957) di Evangelisti, con parametri funzionali alle scelte di suoni di sintesi elettronica, mentre nasce da un suo soggetto l’opera di teatro musicale La scatola (Die Schachtel, 1962-1963) con musica sempre di Evangelisti. Si tratta di uno spettacolo estremamente moderno e multimediale, alle origini del teatro musicale d’avanguardia italiano, dove il pittore Nonnis è autore del testo e della “guida per la messa in scena” ed Evangelisti delle musiche, con la presenza di un corpo di mimi e di un sofisticato gioco di proiezioni in grado di stravolgere l’ambiente teatrale e coinvolgere intellettualmente la platea, con una sottesa critica al ruolo passivo del pubblico nel teatro tradizionale.
La collaborazione con Domenico Guàccero, ancora, lo vede impegnato nella stesura di testo e nella scenografia per l’opera Scene del potere (1962-1964), altro importante tassello nel rinnovamento del teatro musicale italiano. Questi lavori sono documentati in un nucleo sulla composizione musicale all’interno del fondo. Sono anni in cui esplode un fruttuoso incontro tra musica, teatro e pittura, che mettono in circuito le rispettive prerogative intrecciando un dialogo di grande impatto. Il teatro musicale d’avanguardia è il terreno in cui convergono queste arti, cosa che diviene possibile grazie al concetto di “opera aperta”.
Nel 1957, Nonnis è tra i fondatori (l’unico non musicista) dell’associazione Nuova Consonanza, nata per promuovere e divulgare in Italia la musica colta contemporanea, grazie all’attività di musicisti e compositori sensibili al dialogo tra la musica e gli altri linguaggi - appunto il teatro, le arti visive e la poesia -, così come alle tendenze avanguardistiche del dopoguerra, all’improvvisazione e alla musica elettronica.
Nonnis si occupa, negli anni Sessanta e Settanta, della realizzazione grafica di locandine e programmi di sala collaborando con Nuova Consonanza e con la Deutsche Bibliothek (poi Goethe Institut, altro polo d’avanguardia a Roma), dove si terranno le prime edizioni del Festival di musica contemporanea dell’associazione poi approdato alla Galleria Nazionale, di cui si ricorda la straordinaria esperienza concertistica dal 1967 al 1980 con stagioni che hanno visto esibirsi nomi fondamentali della scena musicale contemporanea internazionale e di cui è conservata testimonianza nell’archivio bioiconografico del museo.
Attraverso Nuova Consonanza, che condivide con il movimento letterario del Gruppo 63 l’interesse verso la sperimentazione e il rinnovamento dei linguaggi tradizionali, l’artista entra in contatto con personaggi come Giorgio Manganelli, per il quale realizza un’illustrazione per Hilarotragoedia, Nanni Balestrini e l’amico storico Alfredo Giuliani, con cui collabora con i lavori a collage della serie Cronogrammi, originali innesti di pittura e scrittura.
Parallelamente, si dedica alla pittura e al disegno seguendo l’ispirazione informale. Nel 1957 conosce Emilio Vedova alla Biennale di Venezia, figura che considererà un punto di riferimento e un maestro. La lezione che riprende dall’esperienza in ambito musicale affiora nel risultato dell’azione gestuale dell’artista e nella possibilità aleatoria, come nell’improvvisazione del musicista avanguardista e in Pollock.
Un lavoro come quello realizzato nel 1962 per la copertina del disco di Ennio Morricone, membro di Nuova Consonanza dalla prima ora, rappresenta una sintesi significativa dell’interesse per l’astrattismo e per la musica.
Un atteggiamento critico di stampo marxista, approfondito negli anni, lo porterà a interrompere la pittura nel 1965 e con essa un’intensa attività espositiva, per un sentimento di contrasto verso le logiche commerciali del complesso sistema dell’arte.
Non abbandona tuttavia il disegno e la grafica, passioni di sempre che porta avanti dedicandosi a un’interessantissima sperimentazione tecnica. Materiali poveri, come terra, carta e cartone, insieme a china, collage, stampa serigrafica, materiali misti fanno parte della ricerca artistica di Nonnis. Opere a stampa serigrafica ed esercizi su base seriale lo accostano ad esperienze affini alla corrente della pop art, come per la serie delle Mani, soggetto caro e più volte ripreso.
Lo spettacolo rimane comunque al centro della sua produzione artistica: sin dai primi anni Sessanta lavora come scenografo e costumista, campi che lo vedranno impegnato per tutta la vita. Gran parte dell’attività documentata nel fondo d’archivio illustra e permette di ricostruire questo percorso.
Muovendosi sempre sull’orizzonte della sperimentazione, Nonnis si dedica al teatro d’avanguardia e insieme al regista Antonio Calenda è coinvolto nella vita del Teatro Centouno sin dalla sua fondazione nel 1965. Il Centouno, dal numero dei posti in platea, è stato un teatro che trovava spazio in una cantina romana in via Guido Torba, e come questi teatri che all’epoca erano gli spazi cruciali della sperimentazione, era frequentato ovviamente anche da artisti, come De Chirico, che viene ritratto da Nonnis in una serie di caricature.
Lavora a scenografie e costumi per gli allestimenti del Centouno, luogo di esordio per giovani artisti e drammaturghi come Gigi Proietti, Piera Degli Esposti, Virginio Gazzolo, Francesca Benedetti, Corrado Augias, oltre a nomi del Gruppo 63. La prima scenografia teatrale è per lo spettacolo Iperipotesi di Manganelli. Come ricorderà Calenda, “Nonnis era dotato di uno spiccato gusto per il colore con cui creava una spazialità nuova e diversa, addirittura una capacità illusionista per mezzo del colore che pochi altri scenografi hanno raggiunto”. Segue poi Calenda al Teatro Stabile dell’Aquila, dove mette in scena diversi spettacoli che saranno decisivi per la carriera del giovane Proietti, due figure che insieme a Nonnis saranno strettamente legate a questo teatro per diversi anni. Dopo il 1971, Nonnis si allontana dal regista per dedicarsi anche ad altre produzioni lavorando, oltre che a L’Aquila, in molti dei principali teatri italiani, dal Piccolo di Milano al Maggio Fiorentino, dal Teatro dell’Opera di Roma al Teatro Massimo di Palermo, per citarne alcuni, mentre continua a realizzare locandine, manifesti e scenografie per Nuova Consonanza. In occasione di un’edizione del Festival di Nuova Consonanza, Nonnis realizza una scenografia in tubi innocenti all’interno della Galleria Nazionale.
Durante gli anni Settanta e gli Ottanta, affianca l’insegnamento di scenografia all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e di Firenze all’allestimento di scenografie e costumi per il teatro, fino alla morte prematura a poco più di 60 anni.
Tra il materiale d’archivio, è conservata la corrispondenza personale dell’artista (seppur non ampia), scritti, recensioni di spettacoli, copioni, iniziative di carattere letterario e progetti in cui risulta autore di programmi televisivi con un’attitudine educativa. Inoltre, ovviamente, sono presenti materiali di scena, schizzi, studi preparatori, bozzetti ed esemplari afferenti alla produzione cartellonistica.
Fa parte del fondo anche una selezione della biblioteca personale, dove figurano accanto ai libri sull’arte anche volumi su temi che hanno sempre fatto parte dei grandi campi di interesse di Nonnis: la storia, specialmente quella dal dopoguerra agli anni Settanta, occidentale ma anche orientale, la politica, la filosofia, le scienze e la musica. A proposito di questo personaggio indipendente, ostinato, sornione, curioso di tutto, come lo definiva Alfredo Giuliani, rimangono testimonianze di affetto e di ammirazione nei suoi confronti, come ad esempio quella del musicista Egisto Macchi (dal catalogo della mostra del 1991 al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza a cura di Simonetta Lux): “All’inizio ebbi l’impressione di una figura indecifrabile, che sfuggiva in qualche modo a una catalogazione. Ma, entrando in confidenza (…), mi resi conto di avere a che fare con una persona assolutamente straordinaria. Quello che mi colpiva era la sua cultura quasi enciclopedica; non c’era argomento di cui si veniva a parlare in cui Franco non apportasse una parola sua, non di opinione ma di fatti”.
Un artista dai molti interessi negli anni della più libera sperimentazione delle arti, tra pittura, musica e scenografia
Nella cornice di un periodo storico estremamente vivace e di grandi trasformazioni in cui arti visive, musica, teatro e letteratura cercano continuamente punti di contatto e di fusione per un superamento dei propri confini espressivi, emerge un artista di grande talento e di grandissima cultura, ma anche dotato di un’innata saggezza che lo ha reso un saldo riferimento per quanti sono entrati in relazione con lui. In Franco Nonnis (Roma, 1925 –1991), l’ampliamento dei propri orizzonti culturali si accompagna ad un interesse per la sperimentazione che qualifica tutto il suo percorso, qualunque sia il linguaggio espressivo su cui sceglie di soffermarsi: disegno, pittura, grafica, teatro e scenografia.
Il fondo documentario di Nonnis, uno dei più recenti tra quelli acquisiti dall’Archivio della Galleria Nazionale, conserva il materiale di un artista attivo in molteplici campi al punto da essere rilevante non solo per la ricostruzione della sua carriera ma anche per la storia del teatro e di tutto un entourage culturale d’avanguardia tra gli anni Cinquanta e Settanta in particolare.
Nell’evoluzione del suo percorso artistico, eterogeneo e affascinante, hanno giocato certamente un ruolo importante le esperienze formative giovanili: gli studi di matematica e fisica, la formazione filosofica, la passione per la pittura e i lunghi soggiorni in Germania, respirando l’aria delle correnti dell’astrattismo tedesco e la musica sperimentale, ma anche la frequentazione di artisti e intellettuali contemporanei, come Achille Perilli, Roberto Melli e Ottone Rosai.
Proprio la matematica diviene lo strumento espressivo con cui crea progetti di sperimentazione musicale collaborando con l’amico e compositore Franco Evangelisti, nome di punta per la musica contemporanea d’avanguardia a partire dagli anni Cinquanta. È Nonnis a dare forma ai complessi procedimenti di calcolo combinatorio e non solo che entrano nella partitura di opere come Incontri di Fasce Sonore (1957) di Evangelisti, con parametri funzionali alle scelte di suoni di sintesi elettronica, mentre nasce da un suo soggetto l’opera di teatro musicale La scatola (Die Schachtel, 1962-1963) con musica sempre di Evangelisti. Si tratta di uno spettacolo estremamente moderno e multimediale, alle origini del teatro musicale d’avanguardia italiano, dove il pittore Nonnis è autore del testo e della “guida per la messa in scena” ed Evangelisti delle musiche, con la presenza di un corpo di mimi e di un sofisticato gioco di proiezioni in grado di stravolgere l’ambiente teatrale e coinvolgere intellettualmente la platea, con una sottesa critica al ruolo passivo del pubblico nel teatro tradizionale.
Franco Nonnis, sulla destra, con Franco Evangelisti
La collaborazione con Domenico Guàccero, ancora, lo vede impegnato nella stesura di testo e nella scenografia per l’opera Scene del potere (1962-1964), altro importante tassello nel rinnovamento del teatro musicale italiano. Questi lavori sono documentati in un nucleo sulla composizione musicale all’interno del fondo. Sono anni in cui esplode un fruttuoso incontro tra musica, teatro e pittura, che mettono in circuito le rispettive prerogative intrecciando un dialogo di grande impatto. Il teatro musicale d’avanguardia è il terreno in cui convergono queste arti, cosa che diviene possibile grazie al concetto di “opera aperta”.
Nel 1957, Nonnis è tra i fondatori (l’unico non musicista) dell’associazione Nuova Consonanza, nata per promuovere e divulgare in Italia la musica colta contemporanea, grazie all’attività di musicisti e compositori sensibili al dialogo tra la musica e gli altri linguaggi - appunto il teatro, le arti visive e la poesia -, così come alle tendenze avanguardistiche del dopoguerra, all’improvvisazione e alla musica elettronica.
Nonnis si occupa, negli anni Sessanta e Settanta, della realizzazione grafica di locandine e programmi di sala collaborando con Nuova Consonanza e con la Deutsche Bibliothek (poi Goethe Institut, altro polo d’avanguardia a Roma), dove si terranno le prime edizioni del Festival di musica contemporanea dell’associazione poi approdato alla Galleria Nazionale, di cui si ricorda la straordinaria esperienza concertistica dal 1967 al 1980 con stagioni che hanno visto esibirsi nomi fondamentali della scena musicale contemporanea internazionale e di cui è conservata testimonianza nell’archivio bioiconografico del museo.
Attraverso Nuova Consonanza, che condivide con il movimento letterario del Gruppo 63 l’interesse verso la sperimentazione e il rinnovamento dei linguaggi tradizionali, l’artista entra in contatto con personaggi come Giorgio Manganelli, per il quale realizza un’illustrazione per Hilarotragoedia, Nanni Balestrini e l’amico storico Alfredo Giuliani, con cui collabora con i lavori a collage della serie Cronogrammi, originali innesti di pittura e scrittura.
Emilio Vedova, al centro, con Franco Nonnis, sulla destra
Parallelamente, si dedica alla pittura e al disegno seguendo l’ispirazione informale. Nel 1957 conosce Emilio Vedova alla Biennale di Venezia, figura che considererà un punto di riferimento e un maestro. La lezione che riprende dall’esperienza in ambito musicale affiora nel risultato dell’azione gestuale dell’artista e nella possibilità aleatoria, come nell’improvvisazione del musicista avanguardista e in Pollock.
Un lavoro come quello realizzato nel 1962 per la copertina del disco di Ennio Morricone, membro di Nuova Consonanza dalla prima ora, rappresenta una sintesi significativa dell’interesse per l’astrattismo e per la musica.
Copertina del disco “Musiche da Camera” di Morricone realizzata da Nonnis, 1962
Un atteggiamento critico di stampo marxista, approfondito negli anni, lo porterà a interrompere la pittura nel 1965 e con essa un’intensa attività espositiva, per un sentimento di contrasto verso le logiche commerciali del complesso sistema dell’arte.
Non abbandona tuttavia il disegno e la grafica, passioni di sempre che porta avanti dedicandosi a un’interessantissima sperimentazione tecnica. Materiali poveri, come terra, carta e cartone, insieme a china, collage, stampa serigrafica, materiali misti fanno parte della ricerca artistica di Nonnis. Opere a stampa serigrafica ed esercizi su base seriale lo accostano ad esperienze affini alla corrente della pop art, come per la serie delle Mani, soggetto caro e più volte ripreso.
Dalla serie “Mani”, anni ‘60
Lo spettacolo rimane comunque al centro della sua produzione artistica: sin dai primi anni Sessanta lavora come scenografo e costumista, campi che lo vedranno impegnato per tutta la vita. Gran parte dell’attività documentata nel fondo d’archivio illustra e permette di ricostruire questo percorso.
Muovendosi sempre sull’orizzonte della sperimentazione, Nonnis si dedica al teatro d’avanguardia e insieme al regista Antonio Calenda è coinvolto nella vita del Teatro Centouno sin dalla sua fondazione nel 1965. Il Centouno, dal numero dei posti in platea, è stato un teatro che trovava spazio in una cantina romana in via Guido Torba, e come questi teatri che all’epoca erano gli spazi cruciali della sperimentazione, era frequentato ovviamente anche da artisti, come De Chirico, che viene ritratto da Nonnis in una serie di caricature.
Lavora a scenografie e costumi per gli allestimenti del Centouno, luogo di esordio per giovani artisti e drammaturghi come Gigi Proietti, Piera Degli Esposti, Virginio Gazzolo, Francesca Benedetti, Corrado Augias, oltre a nomi del Gruppo 63. La prima scenografia teatrale è per lo spettacolo Iperipotesi di Manganelli. Come ricorderà Calenda, “Nonnis era dotato di uno spiccato gusto per il colore con cui creava una spazialità nuova e diversa, addirittura una capacità illusionista per mezzo del colore che pochi altri scenografi hanno raggiunto”. Segue poi Calenda al Teatro Stabile dell’Aquila, dove mette in scena diversi spettacoli che saranno decisivi per la carriera del giovane Proietti, due figure che insieme a Nonnis saranno strettamente legate a questo teatro per diversi anni. Dopo il 1971, Nonnis si allontana dal regista per dedicarsi anche ad altre produzioni lavorando, oltre che a L’Aquila, in molti dei principali teatri italiani, dal Piccolo di Milano al Maggio Fiorentino, dal Teatro dell’Opera di Roma al Teatro Massimo di Palermo, per citarne alcuni, mentre continua a realizzare locandine, manifesti e scenografie per Nuova Consonanza. In occasione di un’edizione del Festival di Nuova Consonanza, Nonnis realizza una scenografia in tubi innocenti all’interno della Galleria Nazionale.
Durante gli anni Settanta e gli Ottanta, affianca l’insegnamento di scenografia all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e di Firenze all’allestimento di scenografie e costumi per il teatro, fino alla morte prematura a poco più di 60 anni.
Tra il materiale d’archivio, è conservata la corrispondenza personale dell’artista (seppur non ampia), scritti, recensioni di spettacoli, copioni, iniziative di carattere letterario e progetti in cui risulta autore di programmi televisivi con un’attitudine educativa. Inoltre, ovviamente, sono presenti materiali di scena, schizzi, studi preparatori, bozzetti ed esemplari afferenti alla produzione cartellonistica.
Fa parte del fondo anche una selezione della biblioteca personale, dove figurano accanto ai libri sull’arte anche volumi su temi che hanno sempre fatto parte dei grandi campi di interesse di Nonnis: la storia, specialmente quella dal dopoguerra agli anni Settanta, occidentale ma anche orientale, la politica, la filosofia, le scienze e la musica. A proposito di questo personaggio indipendente, ostinato, sornione, curioso di tutto, come lo definiva Alfredo Giuliani, rimangono testimonianze di affetto e di ammirazione nei suoi confronti, come ad esempio quella del musicista Egisto Macchi (dal catalogo della mostra del 1991 al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza a cura di Simonetta Lux): “All’inizio ebbi l’impressione di una figura indecifrabile, che sfuggiva in qualche modo a una catalogazione. Ma, entrando in confidenza (…), mi resi conto di avere a che fare con una persona assolutamente straordinaria. Quello che mi colpiva era la sua cultura quasi enciclopedica; non c’era argomento di cui si veniva a parlare in cui Franco non apportasse una parola sua, non di opinione ma di fatti”.