Il Fondo Adolfo De Carolis
Un artista dal percorso singolare tra Ottocento e Novecento, raffinato innovatore della tradizione artistica italiana
Adolfo De Carolis (Montefiore dell’Aso, Ascoli Piceno 1874 – Roma 1928), attivo tra Ottocento e Novecento, accoglie le coordinate di un simbolismo ormai in trasformazione mentre matura visioni e prerogative personali e del tutto originali, isolate per questo periodo storico eppure innovatrici, che fanno di questo artista una figura unica a cavallo tra due secoli.
Lavorando con un ampio spettro di linguaggi espressivi come pittura, affresco e decorazione architettonica, incisione a xilografia, fotografia, ha cercato per tutta la vita di rispondere a un ideale di unità dell’arte. Interrogandosi sempre sulla funzione dell’artista nella società, ha sempre definito sé stesso come un “decoratore”, alludendo con questo termine alla concezione di un artista universale, capace di abbracciare più campi di interesse, creare bellezza diffusa e imprimere un segno di inconfondibile coerenza al proprio lavoro. L’integrità di intenti e di risultati rintracciabile nella sua produzione, mai disgiunta dalla speculazione teorica di cui rimane traccia nei suoi scritti, è quella cifra che ha portato la critica a definirlo un artista completo.
Nel corso del Novecento, in vari momenti, numerose opere di De Carolis sono entrate a far parte della collezione della Galleria Nazionale, fino all’acquisizione dell’archivio privato conservato dalla figlia Adriana, nel 1986. Il fondo dell’artista custodisce la corrispondenza dell’artista, un patrimonio di oltre 2000 lettere, insieme a disegni e cartoline, che illustrano i rapporti intrattenuti dall’artista con circa 500 corrispondenti tra amici, collaboratori, artisti e critici, committenti, tra cui troviamo alcune tra le personalità culturali più influenti del tempo, oltre alle maggiori istituzioni artistiche. Una decina di anni dopo, la Galleria completa la collezione inerente all’artista con l’acquisizione di altro materiale, proprietà di un piccolo collezionista, con un’ulteriore integrazione di 130 fotografie e 8 disegni.
Tra gli scambi epistolari, è interessante la corrispondenza con figure come Nino Costa, fondatore a Roma del gruppo di artisti In Arte Libertas per dare seguito all’ispirazione della pittura preraffaellita inglese, a cui De Carolis si unisce durante il periodo giovanile di formazione alla fine dell’Ottocento. Inoltre, i maestri Carlo Morani e Angelo Conti, gli amici Napoleone Parisani e Edoardo Gioia, artisti con cui De Carolis intreccia uno scambio corposo, importante per la profondità e l’ampio ventaglio dei temi trattati, fondamentali per capire il complesso e ponderato sistema di scelte in ambito artistico che andava progressivamente costruendo, sostenuto da uno studio accuratissimo dell’arte degli antichi maestri rinascimentali in primis, dell’arte medievale e di quella classica.
Sono significative di questo interesse nel recupero del classicismo opere come Le Castalidi e Il risveglio dell’aurora.
Tra le lettere, troviamo anche la presenza di interlocutori come Giulio Aristide Sartorio, Duilio Cambellotti, Armando Spadini, Ettore Ferrari, Onorato Carlandi, Guido Cadorin, Camillo Innocenti, Antonio Maraini, Leonardo Bistolfi, Felice Carena, Ottone Rosai, gli architetti Giacomo Boni e Cesare Bazzani, tra i tantissimi nomi.
L’ispirazione di John Ruskin (di cui Angelo Conti teneva letture agli artisti al Caffè Greco) e di William Morris sarà incisiva per De Carolis, che sviluppa un sentimento critico nei confronti del dilagare della modernità e dell’industria, a pochi decenni dall’Unità d’Italia, avvertite come una minaccia nei confronti di un mondo di natura, tradizioni e costumi secolari destinati a mutare, se non a scomparire, per sempre. Si tratta di considerazioni di cui l’artista scrive ripetutamente nelle riviste dell’epoca, partecipando al dibattito culturale del primo Novecento. Non sceglierà di abbracciare le avanguardie, come il Futurismo, ma di recuperare, innovando, antiche tecniche come l’affresco e l’illustrazione attraverso la xilografia, per affinarle e portarle ad altissimi vertici, due linguaggi apparentemente lontani ma che condividono un intento narrativo e la possibilità di rivolgersi a un ampio pubblico.
Per De Carolis, la xilografia non rappresenta solo un omaggio alla tradizione artistica italiana, sempre al centro del suo sguardo, ma è un tramite per il rinnovamento dell’editoria italiana tornando alle origini. L’editoria di fine Ottocento rappresenta per lui un altro terreno fertile di lavoro e sperimentazione, in cui collabora con le maggiori case editrici dell’epoca realizzando illustrazioni rimaste famose nel tempo. Proprio l’utilizzo della xilografia lo porta a collaborare, a partire dal 1901, con Gabriele D’Annunzio come illustratore delle prime edizioni delle raccolte poetiche, per lavorare poi anche come scenografo e costumista per l’allestimento dei drammi La Gloria, La Gioconda, Francesca da Rimini e La figlia di Iorio. Di grande importanza il carteggio di un centinaio di autografi con D’Annunzio, per la comprensione del rapporto tra i due artisti.
Sempre nel primo Novecento, che coincide con il periodo fiorentino, De Carolis lavora intensamente alla creazione di copertine e illustrazioni di libri per importanti progetti editoriali, come documentano gli scambi: con Giovanni Pascoli per molte raccolte poetiche, con Vittorio Alinari per l’edizione della Divina Commedia, come illustratore di importanti riviste come Leonardo, Novissima, Hermes, L’Eroica (totalmente dedicata alla xilografia), con nomi quali Borgese, Cozzini, Papini, illustra Le Fiale di Corrado Govoni. Ricordiamo anche i lavori, sempre a xilografia, per le edizioni dei Classici Greci tradotti da Ettore Romagnoli e il ciclo di tavole sui Sonetti di San Francesco.
De Carolis ha avuto un ruolo decisivo nell’avviare la grande riscoperta della xilografia partendo dallo studio dei modelli cinquecenteschi, non solo attraverso il proprio lavoro che diventa nel tempo sempre più raffinato ed espressivo, ma anche attraverso un impegno nella promozione di questa tecnica grafica rimasta per lungo tempo ai margini della produzione artistica, come l’organizzazione della Prima mostra internazionale di xilografia di Levanto nel 1912, la fondazione della Corporazione italiana degli Xilogafi, la partecipazione a mostre e biennali, fino alla scrittura del trattato storico e tecnico La xilografia nel 1924, a colmare un vuoto di decenni a riguardo. Con il suo prezioso contributo, si forma una giovane generazione di allievi incisori xilografi, nutrito gruppo presente nella corrispondenza, con l’interessante scambio tra maestro e allievi.
Il fondo conserva anche ex libris, prodotti in una ventina di esemplari ma tali da aver attirato l’attenzione di giovani incisori al punto di creare una nuova tradizione italiana riconosciuta a livello internazionale.
Le fotografie sono le protagoniste della seconda sezione del fondo d’archivio. Non solo vedute agresti e immagini di piccole dimensioni, ma un’imponente collezione di scatti di luoghi e opere d’arte del passato, tesori nascosti al di fuori della produzione artistica colta ma profondamente radicati nel tessuto storico culturale, raccolti durante i vari viaggi in bicicletta attraverso l’Italia secondo un percorso di ricerca individuale di documentazione artistica ma anche storico-etnografica. Durante gli anni trascorsi a Firenze, dove è in contatto con la Società fotografica italiana e dove risiedono i maggiori fotografi del tempo, mentre si diffonde l’utilizzo della fotografia come forma d’arte indipendente ad inizio secolo: è questo il terreno in cui l’artista si muove avvicinandosi alla fotografia, che utilizza con l’intenzione di immortalare paesaggi e stili di vita in rapida trasformazione, minacciati dall’azione del progresso e dall’omologazione, temi di cui parla spesso nella corrispondenza privata e in diversi articoli che pubblica su Leonardo, insieme ai resoconti delle sue escursioni.
Altri soggetti degli scatti, figure umane rappresentative di culture contadine del centro Italia, usanze e costumi, che spesso traduce in xilografie e dipinti, conducendo un lavoro di recupero dello spirito e del gusto di una tradizione popolare arcaica, ricercando stoffe e oggetti d’artigianato locale che entreranno nel suo immaginario per uscirne rinnovati grazie alla sua vocazione di decoratore.
L’interesse di De Carolis per la fotografia risiede tutto nelle potenzialità di quest’ultima come strumento efficace per documentare e preservare la memoria del presente, non considerandola come una forma autonoma d’espressione, che difatti abbandonerà.
La concezione di unità delle arti tanto importante per l’artista si unisce ad implicazioni etiche, a contenuti spirituali, presenti nel suo percorso, non a caso è a lungo al servizio della poesia. La riscoperta delle origini, dello spirito antico che anima l’arte del passato, è un’operazione culturale sofisticata e irrealizzabile senza una profonda cultura. parallelamente, il progresso tecnologico incalzante spinge l’artista verso una salvaguardia della bellezza che da sempre accosta uomo e natura. Di questa missione, sceglie di farsi carico una figura dotata di grande spessore sculturale, sensibilità e sguardo pieno di ammirazione per la tradizione artistica italiana.
Un artista dal percorso singolare tra Ottocento e Novecento, raffinato innovatore della tradizione artistica italiana
Adolfo De Carolis (Montefiore dell’Aso, Ascoli Piceno 1874 – Roma 1928), attivo tra Ottocento e Novecento, accoglie le coordinate di un simbolismo ormai in trasformazione mentre matura visioni e prerogative personali e del tutto originali, isolate per questo periodo storico eppure innovatrici, che fanno di questo artista una figura unica a cavallo tra due secoli.
Lavorando con un ampio spettro di linguaggi espressivi come pittura, affresco e decorazione architettonica, incisione a xilografia, fotografia, ha cercato per tutta la vita di rispondere a un ideale di unità dell’arte. Interrogandosi sempre sulla funzione dell’artista nella società, ha sempre definito sé stesso come un “decoratore”, alludendo con questo termine alla concezione di un artista universale, capace di abbracciare più campi di interesse, creare bellezza diffusa e imprimere un segno di inconfondibile coerenza al proprio lavoro. L’integrità di intenti e di risultati rintracciabile nella sua produzione, mai disgiunta dalla speculazione teorica di cui rimane traccia nei suoi scritti, è quella cifra che ha portato la critica a definirlo un artista completo.
Nel corso del Novecento, in vari momenti, numerose opere di De Carolis sono entrate a far parte della collezione della Galleria Nazionale, fino all’acquisizione dell’archivio privato conservato dalla figlia Adriana, nel 1986. Il fondo dell’artista custodisce la corrispondenza dell’artista, un patrimonio di oltre 2000 lettere, insieme a disegni e cartoline, che illustrano i rapporti intrattenuti dall’artista con circa 500 corrispondenti tra amici, collaboratori, artisti e critici, committenti, tra cui troviamo alcune tra le personalità culturali più influenti del tempo, oltre alle maggiori istituzioni artistiche. Una decina di anni dopo, la Galleria completa la collezione inerente all’artista con l’acquisizione di altro materiale, proprietà di un piccolo collezionista, con un’ulteriore integrazione di 130 fotografie e 8 disegni.
Tra gli scambi epistolari, è interessante la corrispondenza con figure come Nino Costa, fondatore a Roma del gruppo di artisti In Arte Libertas per dare seguito all’ispirazione della pittura preraffaellita inglese, a cui De Carolis si unisce durante il periodo giovanile di formazione alla fine dell’Ottocento. Inoltre, i maestri Carlo Morani e Angelo Conti, gli amici Napoleone Parisani e Edoardo Gioia, artisti con cui De Carolis intreccia uno scambio corposo, importante per la profondità e l’ampio ventaglio dei temi trattati, fondamentali per capire il complesso e ponderato sistema di scelte in ambito artistico che andava progressivamente costruendo, sostenuto da uno studio accuratissimo dell’arte degli antichi maestri rinascimentali in primis, dell’arte medievale e di quella classica.
Sono significative di questo interesse nel recupero del classicismo opere come Le Castalidi e Il risveglio dell’aurora.
Le Castalidi, 1905
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Il risveglio dell’aurora, 1913-1914
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Tra le lettere, troviamo anche la presenza di interlocutori come Giulio Aristide Sartorio, Duilio Cambellotti, Armando Spadini, Ettore Ferrari, Onorato Carlandi, Guido Cadorin, Camillo Innocenti, Antonio Maraini, Leonardo Bistolfi, Felice Carena, Ottone Rosai, gli architetti Giacomo Boni e Cesare Bazzani, tra i tantissimi nomi.
L’ispirazione di John Ruskin (di cui Angelo Conti teneva letture agli artisti al Caffè Greco) e di William Morris sarà incisiva per De Carolis, che sviluppa un sentimento critico nei confronti del dilagare della modernità e dell’industria, a pochi decenni dall’Unità d’Italia, avvertite come una minaccia nei confronti di un mondo di natura, tradizioni e costumi secolari destinati a mutare, se non a scomparire, per sempre. Si tratta di considerazioni di cui l’artista scrive ripetutamente nelle riviste dell’epoca, partecipando al dibattito culturale del primo Novecento. Non sceglierà di abbracciare le avanguardie, come il Futurismo, ma di recuperare, innovando, antiche tecniche come l’affresco e l’illustrazione attraverso la xilografia, per affinarle e portarle ad altissimi vertici, due linguaggi apparentemente lontani ma che condividono un intento narrativo e la possibilità di rivolgersi a un ampio pubblico.
Per De Carolis, la xilografia non rappresenta solo un omaggio alla tradizione artistica italiana, sempre al centro del suo sguardo, ma è un tramite per il rinnovamento dell’editoria italiana tornando alle origini. L’editoria di fine Ottocento rappresenta per lui un altro terreno fertile di lavoro e sperimentazione, in cui collabora con le maggiori case editrici dell’epoca realizzando illustrazioni rimaste famose nel tempo. Proprio l’utilizzo della xilografia lo porta a collaborare, a partire dal 1901, con Gabriele D’Annunzio come illustratore delle prime edizioni delle raccolte poetiche, per lavorare poi anche come scenografo e costumista per l’allestimento dei drammi La Gloria, La Gioconda, Francesca da Rimini e La figlia di Iorio. Di grande importanza il carteggio di un centinaio di autografi con D’Annunzio, per la comprensione del rapporto tra i due artisti.
Frontespizio per “Notturno”, 1917
Autografo di D’Annunzio con indicazioni a De Carolis per un lavoro grafico
Due pagine del libro “Francesca da Rimini”, 1903
Sempre nel primo Novecento, che coincide con il periodo fiorentino, De Carolis lavora intensamente alla creazione di copertine e illustrazioni di libri per importanti progetti editoriali, come documentano gli scambi: con Giovanni Pascoli per molte raccolte poetiche, con Vittorio Alinari per l’edizione della Divina Commedia, come illustratore di importanti riviste come Leonardo, Novissima, Hermes, L’Eroica (totalmente dedicata alla xilografia), con nomi quali Borgese, Cozzini, Papini, illustra Le Fiale di Corrado Govoni. Ricordiamo anche i lavori, sempre a xilografia, per le edizioni dei Classici Greci tradotti da Ettore Romagnoli e il ciclo di tavole sui Sonetti di San Francesco.
De Carolis ha avuto un ruolo decisivo nell’avviare la grande riscoperta della xilografia partendo dallo studio dei modelli cinquecenteschi, non solo attraverso il proprio lavoro che diventa nel tempo sempre più raffinato ed espressivo, ma anche attraverso un impegno nella promozione di questa tecnica grafica rimasta per lungo tempo ai margini della produzione artistica, come l’organizzazione della Prima mostra internazionale di xilografia di Levanto nel 1912, la fondazione della Corporazione italiana degli Xilogafi, la partecipazione a mostre e biennali, fino alla scrittura del trattato storico e tecnico La xilografia nel 1924, a colmare un vuoto di decenni a riguardo. Con il suo prezioso contributo, si forma una giovane generazione di allievi incisori xilografi, nutrito gruppo presente nella corrispondenza, con l’interessante scambio tra maestro e allievi.
Il fondo conserva anche ex libris, prodotti in una ventina di esemplari ma tali da aver attirato l’attenzione di giovani incisori al punto di creare una nuova tradizione italiana riconosciuta a livello internazionale.
Ex libris personale dell’artista
Le fotografie sono le protagoniste della seconda sezione del fondo d’archivio. Non solo vedute agresti e immagini di piccole dimensioni, ma un’imponente collezione di scatti di luoghi e opere d’arte del passato, tesori nascosti al di fuori della produzione artistica colta ma profondamente radicati nel tessuto storico culturale, raccolti durante i vari viaggi in bicicletta attraverso l’Italia secondo un percorso di ricerca individuale di documentazione artistica ma anche storico-etnografica. Durante gli anni trascorsi a Firenze, dove è in contatto con la Società fotografica italiana e dove risiedono i maggiori fotografi del tempo, mentre si diffonde l’utilizzo della fotografia come forma d’arte indipendente ad inizio secolo: è questo il terreno in cui l’artista si muove avvicinandosi alla fotografia, che utilizza con l’intenzione di immortalare paesaggi e stili di vita in rapida trasformazione, minacciati dall’azione del progresso e dall’omologazione, temi di cui parla spesso nella corrispondenza privata e in diversi articoli che pubblica su Leonardo, insieme ai resoconti delle sue escursioni.
Altri soggetti degli scatti, figure umane rappresentative di culture contadine del centro Italia, usanze e costumi, che spesso traduce in xilografie e dipinti, conducendo un lavoro di recupero dello spirito e del gusto di una tradizione popolare arcaica, ricercando stoffe e oggetti d’artigianato locale che entreranno nel suo immaginario per uscirne rinnovati grazie alla sua vocazione di decoratore.
L’interesse di De Carolis per la fotografia risiede tutto nelle potenzialità di quest’ultima come strumento efficace per documentare e preservare la memoria del presente, non considerandola come una forma autonoma d’espressione, che difatti abbandonerà.
La concezione di unità delle arti tanto importante per l’artista si unisce ad implicazioni etiche, a contenuti spirituali, presenti nel suo percorso, non a caso è a lungo al servizio della poesia. La riscoperta delle origini, dello spirito antico che anima l’arte del passato, è un’operazione culturale sofisticata e irrealizzabile senza una profonda cultura. parallelamente, il progresso tecnologico incalzante spinge l’artista verso una salvaguardia della bellezza che da sempre accosta uomo e natura. Di questa missione, sceglie di farsi carico una figura dotata di grande spessore sculturale, sensibilità e sguardo pieno di ammirazione per la tradizione artistica italiana.