Quali sono le pratiche sociali che contribuiscono maggiormente alla qualità della vita nella città? Quali sono quelle esercitate dalle donne e come formano una rete? Come possiamo progettare l’ambiente mettendo al centro la nostra qualità della vita?
Queste sono solo alcune domande che, nella prima puntata della webserie COSMOWOMEN, affronta Izaskun Chinchilla in questo manifesto destinato alle architette, designer, artiste, curatrici e direttrici di museo ma anche alle loro controparti maschili in modo da costruire e promuovere insieme un “capitale femminile” nella città.
Negli ultimi tempi, le istituzioni cercano donne che abbiano fatto le stesse cose degli uomini da noi ritenuti illustri. Cercano donne che siano state scienziate, che abbiano dipinto quadri importanti, che abbiano progettato e diretto la costruzione di edifici. Le istituzioni, in generale, non cercano donne che abbiano ricamato, cucinato, educato, nutrito, apparecchiato splendide tavole o scritto belle lettere d’amore.
La cultura patriarcale dà per scontato che le attività per le quali le persone meritano di essere celebrate siano quelle che sono state praticate fondamentalmente dagli uomini. L’errore di qualunque femminismo patriarcale è ritenere che si debbano cambiare solo i nomi e non i motivi per cui si celebra un personaggio storico.
Ma la vera scoperta, la vera conquista sarebbe rivedere i motivi per i quali celebriamo un personaggio, la sua eredità o la sua azione. E, chiaramente, gli elementi che consentono di definire un’epoca, una cultura, una trama sociale. Sono i nomi propri che ci fanno capire ciò che siamo stati, quelli che sono stati i protagonisti delle guerre, delle conquiste e delle scoperte, ma potrebbero pure essere quelli che hanno definito cosa mangiamo, le nostre abitudini igieniche e amorose e la struttura familiare. A seconda della domanda che formuliamo, otterremo una risposta diversa e, fra le risposte, troveremo più o meno donne spontaneamente. A mio parere, è cruciale cambiare le domande che le istituzioni museali si pongono, non solo sforzarci di raggiungere la parità nelle risposte.
Se il “capitale sociale” è stato definito come “le reti di relazioni fra le persone che vivono e lavorano in una particolare società e che permettono che la società funzioni efficacemente”, sarebbe urgente coniare l’espressione “capitale femminile” e definirla come “il ruolo che le persone di genere femminile svolgono nella costruzione delle reti di relazioni fra le persone che vivono e lavorano in una particolare società e che permettono che la società funzioni efficacemente”. Sarebbe altrettanto urgente e auspicabile che le istituzioni concentrassero l’attenzione su questo “capitale femminile” conferendogli una prospettiva temporale profonda – come si è evoluta questa rete di relazioni? – comparativa – come si produce questa rete in contesti diversi? – e critica – perché è stata storicamente resa invisibile?
Nutro un grandissimo rispetto per ogni iniziativa culturale che espone delle donne pioniere dell’architettura che abbiano esercitato la professione agli inizi del XX secolo o abbiano avuto un ruolo importante in carriere assegnate agli uomini. Cambiare il monopolio dei nomi singolari maschili includendo una maggior diversità è senz’altro un compito importante e positivo. Ma il percorso che questa esposizione cerca di mettere in moto e stimolare aggiunge un’ulteriore prospettiva distinta perché cambia la domanda: “Ci sono donne che hanno fatto edifici come gli uomini illustri?” in domande come: “Quali sono le pratiche sociali che contribuiscono maggiormente alla qualità della vita nella città? Quali sono quelle esercitate dalle donne e come formano una rete? Perché non sono state valorizzate a livello accademico e istituzionale? Come possiamo progettare l’ambiente costruito in modo tale che questa rete di pratiche contribuisca ancora di più alla nostra qualità della vita?
Con questo obiettivo lanciamo un piccolo manifesto destinato alle donne architette, designer, artiste, curatrici e direttrici di museo ma anche alle loro controparti maschili in modo da costruire e promuovere insieme un “capitale femminile” nella città.
La predilezione post romantica per il contenuto sublime (epico, trascendente e, in ultima istanza, astratto) sminuisce il contributo femminile all’ambiente costruito che, storicamente, si è concretizzato in dettagli orientati al miglioramento della vita quotidiana. Viva i cuscini ricamati! Celebrali! I cuscini hanno una storia, delle protagoniste, un contenuto sociale e un’intenzione estetica.
Gli uomini che studiano architettura devono fare un breve passo all’inizio della loro carriera professionale per abbandonare gli austeri gusti estetici che traggono ispirazione dallo sport, dalle auto e dalle avventure e convertirsi in fan dell’altrett anto austero Le Corbusier. Per le donne, negli ultimi decenni, il viaggio dall’universo di Barbie all’architettura rispettabile a livello accademico non solo è stato più lungo, ma spesso si è risolto in un duello: la donna stessa abbandonava un passato bollato come banale e superficiale. Ma giocare con le bambole è la preparazione migliore per uno dei grandi ambiti di sviluppo dell’architettura: l’innovazione sociale. Tirale di nuovo fuori! Gioca! Il tuo passato è parte del futuro!
Per quanto l’innovazione tecnologica e quel-la spaziale siano ambiti di sviluppo legitt imi dell’architett ura non dovrebbero essere fi ni ultimi ma mezzi o strumenti. L’obiett ivo più legittimo dell’architettura è il miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti e il contributo alla salvaguardia ecologica del pianeta. Il tuo naturale att accamento ed empatia per quello che ti circonda hanno un’applicazione professionale: sai che il titanio o la geometria parametrica sono importanti solo se favoriscono il co-sleeping o portano nuove specie nel tuo giardino.
In primo luogo, come parte di una cultura materiale. Trai ispirazione dalla tua biancheria, dagli accessori per neonati, dalla maglia fatt a in casa e dalle copertine. Ma anche come posizione intellett uale: aperta al win-win, alla cultura della cura, alle aff ermazioni provvisorie e non impositive.
Ricorda che il loro benessere è il tuo obiettivo fondamentale. Descrivi al meglio la loro diversità e multidimensionalità. Rifiuta gli stereotipi binari o quelli che semplifi cano le loro reazioni. Impara (di solito al di fuori delle scuole di architett ura) come li fa sentire il caldo, il colore, le vedute ampie, la luce dorata, i materiali naturali, il suono dell’acqua.
I bambini sanno che nell’armadio di casa si può nascondere una capanna o l’ingresso a un mondo segreto, gli anziani sanno che nelle loro case vivono anche amici del passato che hanno lasciato preziose usanze e hanno contribuito a costruire chi siamo. L’architettura può coltivare e alimentare questa interpretazione aperta e molteplice o impegnarsi a “rieducare” la popolazione con dogmi di stile: “la forma segue la funzione”. Scegli bene.
Ti abbiamo detto di raffigurare sempre il corpo degli abitanti, bene! Adesso aggiungi un altro strato: per non dimenticare le relazioni di quei corpi fra di loro e con il loro ambiente. Ricordare spesso che gli animali umani hanno bisogno di acqua con maggiore frequenza quando sono anziani, ci prepara a pensare alle necessità degli uccelli, degli insetti e della flora, e a come preservare l’ambiente affinché le soddisfi.
Introduci il paesaggio e i materiali vivi nei tuoi interni, nel corpo stesso dell’architettura, nella sua narrativa e nel suo contesto. Fa’ sì che questi elementi naturali siano interpretati e interpretabili collettivamente perché le società che hanno creduto che un fiume fosse la loro madre o una montagna il loro destino sono state più efficaci nella cura del medio ambiente di altre che conoscono tutti i dati sull’emergenza climatica.
Fai riscoprire al mondo che la natura è abitabile di per sé, basta uno strato di soave materialità – un ombrellone, una sedia pieghevole, un’amaca, una tenda parasole o semplicemente un tetto di stoffa – e una comprensione profonda delle strutture naturali esistenti.
Ti chiediamo di sognare, ma anche di unirti alla reazione collettiva che la nostra società deve articolare urgentemente: valuta il tuo progetto attraverso dei protocolli ambientali e cerca di dare un contributo concreto al nostro problema più impellente.
L’architettura ha un aspetto tangibile: muri, finestre e coperture. Ma nella sua dimensione intangibile è l’arte di promuovere l’attività umana in un contesto. Fai leva sull’aspetto immateriale. Pensa che l’obiettivo del tuo progetto è produrre esperienze corporee soddisfacenti che ci invitino a dar valore al nostro ambiente.
... che con prontezza ha individuato che lo sfruttamento della donna e del medio ambiente sono realtà parallele e collegate e che il loro superamento passa attraverso la presa di coscienza del valore incalcolabile del nostro ambiente, di qualunque forma di vita che esista in esso e della nostra interdipendenza nei confronti di entrambi.
Le nostre città sono piene di spazi definiti dalla produttività. Ciò non riguarda solo il cosiddetto secondo spazio (dove lavoriamo), ma anche il primo spazio (l’abitazione) che, a partire dalla modernità, è uno spazio definito per la produttività e la redditività immobiliare e finanziaria. Se ascolti storie concrete sulla cura, scoprirai che la zona di accesso a un asilo o le bancarelle del mercato sono gli unici luoghi dove molti adulti possono socializzare. Contribuisci a questa rete! Rendiamola più fitta!
Aderisci agli Accordi di Parigi, conoscili e contribuisci con la tua pratica. Entro il 2023 tutt e le citt à europee di 50.000 abitanti do-vranno ridurre del 50% il traffi co automobili-stico nei loro centri urbani, liberando spazio per sostenere la biodiversità e far sì che il tuo corpo, quello dei tuoi fi gli e familiari possa-no contare su uno spazio più salutare e sicuro per il proprio sviluppo.
Da tanti secoli gli architett i perseguono la “fi rmitas”, convinti che l’architett ura debba essere immutabile, e questa idea ci impedisce di contribuire all’economia circolare o a una visione profonda della sostenibilità. Usa le tue risorse (immaginazione, precisione, capacità analitica e valutativa) per proporre una fonte rinnovabile per i tuoi edifici e per dotarli di varie vite, proprio a partire dal cambiamento. Pensa anche che la vita e le azioni dei cittadini non cominciano e finiscono quando lo impongono i muri: c’è vita nello spazio fra gli edifici, uno può fare colazione nel tragitto fra il lavoro e la casa.
Se nella progettazione degli impianti pubblici diamo la priorità al loro carattere aperto e pensiamo a come rappresentano e combattono i problemi di genere avremo un sostegno saldo e articolato per combattere la disuguaglianza nella città.
Jane Jacobs sosteneva che questa era una delle chiavi per realizzare una strada con una fervida vita urbana: gli edifici privati dovevano avere molte aperture sopra lo spazio pubblico e illuminarlo, sorvegliarlo, vivacizzarlo. Questa proposta introduce una logica di corresponsabilità in cui il contributo privato alla città accentua il ruolo pubblico che tutti gli edifici devono avere. Ogni edificio è un seme di identità per il quartiere, i suoi utilizzi garantiscono o negano la prossimità pedonale e il suo impegno ecologico va ad aggiungersi o a sottrarsi ai bilanci complessivi della città in cui si trova.
La flessibilità delle abitazioni, la mescolanza di utilizzi, la continuità e la compattezza degli spazi urbani, la prossimità pedonale, l’adattabilità degli edifici e l’accessibilità dal trasporto pubblico sono alcune delle caratteristiche di progettazione degli edifici e degli spazi urbani che favoriscono non solo la conciliazione ma anche il fatto che i cittadini di qualsiasi sesso possano godere della vita, dell’ozio e del lavoro in un continuum armonico e fluido.
Izaskun Chinchilla
Queste sono solo alcune domande che, nella prima puntata della webserie COSMOWOMEN, affronta Izaskun Chinchilla in questo manifesto destinato alle architette, designer, artiste, curatrici e direttrici di museo ma anche alle loro controparti maschili in modo da costruire e promuovere insieme un “capitale femminile” nella città.
Un modo errato di trovare le donne nei musei
di Izaskun Chinchilla
Negli ultimi tempi, le istituzioni cercano donne che abbiano fatto le stesse cose degli uomini da noi ritenuti illustri. Cercano donne che siano state scienziate, che abbiano dipinto quadri importanti, che abbiano progettato e diretto la costruzione di edifici. Le istituzioni, in generale, non cercano donne che abbiano ricamato, cucinato, educato, nutrito, apparecchiato splendide tavole o scritto belle lettere d’amore.
La cultura patriarcale dà per scontato che le attività per le quali le persone meritano di essere celebrate siano quelle che sono state praticate fondamentalmente dagli uomini. L’errore di qualunque femminismo patriarcale è ritenere che si debbano cambiare solo i nomi e non i motivi per cui si celebra un personaggio storico.
Ma la vera scoperta, la vera conquista sarebbe rivedere i motivi per i quali celebriamo un personaggio, la sua eredità o la sua azione. E, chiaramente, gli elementi che consentono di definire un’epoca, una cultura, una trama sociale. Sono i nomi propri che ci fanno capire ciò che siamo stati, quelli che sono stati i protagonisti delle guerre, delle conquiste e delle scoperte, ma potrebbero pure essere quelli che hanno definito cosa mangiamo, le nostre abitudini igieniche e amorose e la struttura familiare. A seconda della domanda che formuliamo, otterremo una risposta diversa e, fra le risposte, troveremo più o meno donne spontaneamente. A mio parere, è cruciale cambiare le domande che le istituzioni museali si pongono, non solo sforzarci di raggiungere la parità nelle risposte.
Se il “capitale sociale” è stato definito come “le reti di relazioni fra le persone che vivono e lavorano in una particolare società e che permettono che la società funzioni efficacemente”, sarebbe urgente coniare l’espressione “capitale femminile” e definirla come “il ruolo che le persone di genere femminile svolgono nella costruzione delle reti di relazioni fra le persone che vivono e lavorano in una particolare società e che permettono che la società funzioni efficacemente”. Sarebbe altrettanto urgente e auspicabile che le istituzioni concentrassero l’attenzione su questo “capitale femminile” conferendogli una prospettiva temporale profonda – come si è evoluta questa rete di relazioni? – comparativa – come si produce questa rete in contesti diversi? – e critica – perché è stata storicamente resa invisibile?
Nutro un grandissimo rispetto per ogni iniziativa culturale che espone delle donne pioniere dell’architettura che abbiano esercitato la professione agli inizi del XX secolo o abbiano avuto un ruolo importante in carriere assegnate agli uomini. Cambiare il monopolio dei nomi singolari maschili includendo una maggior diversità è senz’altro un compito importante e positivo. Ma il percorso che questa esposizione cerca di mettere in moto e stimolare aggiunge un’ulteriore prospettiva distinta perché cambia la domanda: “Ci sono donne che hanno fatto edifici come gli uomini illustri?” in domande come: “Quali sono le pratiche sociali che contribuiscono maggiormente alla qualità della vita nella città? Quali sono quelle esercitate dalle donne e come formano una rete? Perché non sono state valorizzate a livello accademico e istituzionale? Come possiamo progettare l’ambiente costruito in modo tale che questa rete di pratiche contribuisca ancora di più alla nostra qualità della vita?
Con questo obiettivo lanciamo un piccolo manifesto destinato alle donne architette, designer, artiste, curatrici e direttrici di museo ma anche alle loro controparti maschili in modo da costruire e promuovere insieme un “capitale femminile” nella città.
Il percorso verso la definizione dei valori intrinseci al capitale femminile
Ridefinisci l’intimità
1. Aguzza la vista: guarda ciò che è piccolo e che hai vicino tutti i giorni
La predilezione post romantica per il contenuto sublime (epico, trascendente e, in ultima istanza, astratto) sminuisce il contributo femminile all’ambiente costruito che, storicamente, si è concretizzato in dettagli orientati al miglioramento della vita quotidiana. Viva i cuscini ricamati! Celebrali! I cuscini hanno una storia, delle protagoniste, un contenuto sociale e un’intenzione estetica.
2. Non dimenticarti dei giochi che facevi da piccola
Gli uomini che studiano architettura devono fare un breve passo all’inizio della loro carriera professionale per abbandonare gli austeri gusti estetici che traggono ispirazione dallo sport, dalle auto e dalle avventure e convertirsi in fan dell’altrett anto austero Le Corbusier. Per le donne, negli ultimi decenni, il viaggio dall’universo di Barbie all’architettura rispettabile a livello accademico non solo è stato più lungo, ma spesso si è risolto in un duello: la donna stessa abbandonava un passato bollato come banale e superficiale. Ma giocare con le bambole è la preparazione migliore per uno dei grandi ambiti di sviluppo dell’architettura: l’innovazione sociale. Tirale di nuovo fuori! Gioca! Il tuo passato è parte del futuro!
3. Protesta se ti dicono che la casa del futuro sarà una navicella spaziale
Per quanto l’innovazione tecnologica e quel-la spaziale siano ambiti di sviluppo legitt imi dell’architett ura non dovrebbero essere fi ni ultimi ma mezzi o strumenti. L’obiett ivo più legittimo dell’architettura è il miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti e il contributo alla salvaguardia ecologica del pianeta. Il tuo naturale att accamento ed empatia per quello che ti circonda hanno un’applicazione professionale: sai che il titanio o la geometria parametrica sono importanti solo se favoriscono il co-sleeping o portano nuove specie nel tuo giardino.
4. Rivendica la soavità e la morbidezza
In primo luogo, come parte di una cultura materiale. Trai ispirazione dalla tua biancheria, dagli accessori per neonati, dalla maglia fatt a in casa e dalle copertine. Ma anche come posizione intellett uale: aperta al win-win, alla cultura della cura, alle aff ermazioni provvisorie e non impositive.
5. Raffigura sempre nei tuoi progetti il corpo degli abitanti
Ricorda che il loro benessere è il tuo obiettivo fondamentale. Descrivi al meglio la loro diversità e multidimensionalità. Rifiuta gli stereotipi binari o quelli che semplifi cano le loro reazioni. Impara (di solito al di fuori delle scuole di architett ura) come li fa sentire il caldo, il colore, le vedute ampie, la luce dorata, i materiali naturali, il suono dell’acqua.
6. Stimola i tuoi abitanti affinché sviluppino i propri universi simbolici
I bambini sanno che nell’armadio di casa si può nascondere una capanna o l’ingresso a un mondo segreto, gli anziani sanno che nelle loro case vivono anche amici del passato che hanno lasciato preziose usanze e hanno contribuito a costruire chi siamo. L’architettura può coltivare e alimentare questa interpretazione aperta e molteplice o impegnarsi a “rieducare” la popolazione con dogmi di stile: “la forma segue la funzione”. Scegli bene.
Ricostruisci la natura
7. Non dimenticare che gli utenti sono specie animali dipendenti dal contesto
Ti abbiamo detto di raffigurare sempre il corpo degli abitanti, bene! Adesso aggiungi un altro strato: per non dimenticare le relazioni di quei corpi fra di loro e con il loro ambiente. Ricordare spesso che gli animali umani hanno bisogno di acqua con maggiore frequenza quando sono anziani, ci prepara a pensare alle necessità degli uccelli, degli insetti e della flora, e a come preservare l’ambiente affinché le soddisfi.
8. Sogna verde, fa’ sì che i tuoi progetti, con la loro parte onirica, contribuiscano alla costruzione collettiva della mitologia della natura
Introduci il paesaggio e i materiali vivi nei tuoi interni, nel corpo stesso dell’architettura, nella sua narrativa e nel suo contesto. Fa’ sì che questi elementi naturali siano interpretati e interpretabili collettivamente perché le società che hanno creduto che un fiume fosse la loro madre o una montagna il loro destino sono state più efficaci nella cura del medio ambiente di altre che conoscono tutti i dati sull’emergenza climatica.
9. Sii un po’ più giardiniera che costruttrice
Fai riscoprire al mondo che la natura è abitabile di per sé, basta uno strato di soave materialità – un ombrellone, una sedia pieghevole, un’amaca, una tenda parasole o semplicemente un tetto di stoffa – e una comprensione profonda delle strutture naturali esistenti.
10. Rendi tangibile e specifico il tuo contributo contro l’emergenza climatica
Ti chiediamo di sognare, ma anche di unirti alla reazione collettiva che la nostra società deve articolare urgentemente: valuta il tuo progetto attraverso dei protocolli ambientali e cerca di dare un contributo concreto al nostro problema più impellente.
11. Aiuta gli altri a scoprire la natura da una bici, nuotando o praticando yoga in un ambiente privilegiato
L’architettura ha un aspetto tangibile: muri, finestre e coperture. Ma nella sua dimensione intangibile è l’arte di promuovere l’attività umana in un contesto. Fai leva sull’aspetto immateriale. Pensa che l’obiettivo del tuo progetto è produrre esperienze corporee soddisfacenti che ci invitino a dar valore al nostro ambiente.
12. Aderisci all’ecofemminismo
... che con prontezza ha individuato che lo sfruttamento della donna e del medio ambiente sono realtà parallele e collegate e che il loro superamento passa attraverso la presa di coscienza del valore incalcolabile del nostro ambiente, di qualunque forma di vita che esista in esso e della nostra interdipendenza nei confronti di entrambi.
Difendi il collettivo nella città
13. Costruisci terzi spazi basati su fatti concreti
Le nostre città sono piene di spazi definiti dalla produttività. Ciò non riguarda solo il cosiddetto secondo spazio (dove lavoriamo), ma anche il primo spazio (l’abitazione) che, a partire dalla modernità, è uno spazio definito per la produttività e la redditività immobiliare e finanziaria. Se ascolti storie concrete sulla cura, scoprirai che la zona di accesso a un asilo o le bancarelle del mercato sono gli unici luoghi dove molti adulti possono socializzare. Contribuisci a questa rete! Rendiamola più fitta!
14. Lotta contro i privilegi del veicolo privato
Aderisci agli Accordi di Parigi, conoscili e contribuisci con la tua pratica. Entro il 2023 tutt e le citt à europee di 50.000 abitanti do-vranno ridurre del 50% il traffi co automobili-stico nei loro centri urbani, liberando spazio per sostenere la biodiversità e far sì che il tuo corpo, quello dei tuoi fi gli e familiari possa-no contare su uno spazio più salutare e sicuro per il proprio sviluppo.
15. Concepisci il tempo come un materiale del progetto
Da tanti secoli gli architett i perseguono la “fi rmitas”, convinti che l’architett ura debba essere immutabile, e questa idea ci impedisce di contribuire all’economia circolare o a una visione profonda della sostenibilità. Usa le tue risorse (immaginazione, precisione, capacità analitica e valutativa) per proporre una fonte rinnovabile per i tuoi edifici e per dotarli di varie vite, proprio a partire dal cambiamento. Pensa anche che la vita e le azioni dei cittadini non cominciano e finiscono quando lo impongono i muri: c’è vita nello spazio fra gli edifici, uno può fare colazione nel tragitto fra il lavoro e la casa.
16. Progetta le strutture pubbliche come nodi dell’esperienza urbana
Se nella progettazione degli impianti pubblici diamo la priorità al loro carattere aperto e pensiamo a come rappresentano e combattono i problemi di genere avremo un sostegno saldo e articolato per combattere la disuguaglianza nella città.
17. Pensa i tuoi edifici come occhi dello spazio pubblico
Jane Jacobs sosteneva che questa era una delle chiavi per realizzare una strada con una fervida vita urbana: gli edifici privati dovevano avere molte aperture sopra lo spazio pubblico e illuminarlo, sorvegliarlo, vivacizzarlo. Questa proposta introduce una logica di corresponsabilità in cui il contributo privato alla città accentua il ruolo pubblico che tutti gli edifici devono avere. Ogni edificio è un seme di identità per il quartiere, i suoi utilizzi garantiscono o negano la prossimità pedonale e il suo impegno ecologico va ad aggiungersi o a sottrarsi ai bilanci complessivi della città in cui si trova.
18. Progetta in modo tale da facilitare l’equilibrio fra lavoro e vita
La flessibilità delle abitazioni, la mescolanza di utilizzi, la continuità e la compattezza degli spazi urbani, la prossimità pedonale, l’adattabilità degli edifici e l’accessibilità dal trasporto pubblico sono alcune delle caratteristiche di progettazione degli edifici e degli spazi urbani che favoriscono non solo la conciliazione ma anche il fatto che i cittadini di qualsiasi sesso possano godere della vita, dell’ozio e del lavoro in un continuum armonico e fluido.
Izaskun Chinchilla