La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea inaugura la mostraFabrizio Clerici. L’atlante del meraviglioso, a cura di Giulia Tulino, un viaggio nell’immaginario di un grande protagonista dell’arte italiana del Novecento, raffinato pittore, scenografo e illustratore incomparabile nella sua capacità di inventiva visionaria e senza limiti.
Artista estremamente colto e dalla curiosità enciclopedica, Clerici ha dato vita ad universi onirici ed enigmatici ricchi di fascino, scaturiti da una fantasia sconfinata e nutrita dalla cultura classica e dal mito, ma anche dai movimenti del suo inconscio.
La formazione da architetto e l’incontro giovanile con Alberto Savinio sono elementi fondamentali del suo percorso artistico, che lo vede orientato al surrealismo ma con un’ispirazione metafisica, mentre architetture, misteriose rovine e famosi reperti partecipano ad un gioco simbolico. Proprio il simbolo, affidato spesso all’elemento architettonico, è centrale nell’opera di Clerici, come veicolo del suo personale atlante di memorie e meraviglie. Lo spettatore è invitato a perdersi nel tentativo di decifrare i numerosissimi riferimenti letterari e artistici, mentre partecipa dell’inquietudine che appartiene all’animo dell’artista e al tempo stesso all’umanità del Novecento.
La mostra nasce dalla recente acquisizione, avvenuta nel 2021, del fondo proveniente dall’Archivio Fabrizio Clerici, di grande valore per il prezioso di materiale conservato e per la sua testimonianza del ricco arcipelago di relazioni intessute da Clerici con importanti intellettuali e artisti del suo tempo.
Intento principale è quello di restituire non solo la storia di Fabrizio Clerici, ma anche quella dell’arte “fantastica italiana” troppo spesso confusa con il Surrealismo tout-court. Artisti che non si unirono mai in gruppi o movimenti organizzati ma furono piuttosto accomunati da un clima, da uno stato d’animo, un gusto citazionista, colto e disinteressato.
Oltre un centinaio di opere, tra dipinti, incisioni e opere su carta, sono affiancate nel percorso espositivo da diversi focus tematici costituiti da materiali d’archivio quali documenti, fotografie, lettere, articoli, oggetti di design, bozzetti teatrali, libri d’artista e prime edizioni, che ampliano lo sguardo sulla produzione di Clerici in qualità di scenografo, illustratore, designer e architetto.
In mostra, un importante nucleo di opere di Fabrizio Clerici, con capolavori quali Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre del 1952, il Sonno romano, 1955, Le Confessioni palermitane del 1954 e la Minerva phlegraea del 1956-1957.
All’importante nucleo di opere di Fabrizio Clerici si aggiungono quelle di artisti precursori come Alberto Martini, Giorgio de Chirico e Alberto Savinio; opere di artisti affini oltre che amici attivi tra Francia, Stati Uniti e Italia tra la metà degli anni Venti e la fine dei Cinquanta tra cui Max Ernst, Leonora Carrington e Salvador Dalí; dei compagni di percorso come Leonor Fini (presente in mostra con importanti opere) e Stanislao Lepri o i neo-romantici Eugene Berman e Pavel Tchelitchew. Tra gli artisti più giovani che a lui si sono ispirati troviamo: Domenico Gnoli, Enrico Colombotto Rosso e Enrico D’Assia a cui sono affiancate le opere di tre artisti contemporanei che, in modi diversi, manifestano un’estetica affine a quella di questi precedenti “fantastici”: Eros Renzetti, Beatrice Scaccia e Fausta Squatriti.
«Fabrizio Clerici è come una spugna che assorbe ciò che vede e ciò che ama e lo mette da parte facendolo suo; la sua memoria è impressionante e attinge ad un repertorio culturale vastissimo che va dall’antichità classica alla mitologia, dalla storia alla religione, dall’antropologia all’architettura e, naturalmente, alla storia dell’arte», così scriveva sull’artista Raffaele Carrieri.
Fabrizio Clerici (Milano, 15 maggio 1913 – Roma, 7 giugno 1993) Fabrizio Clerici nasce a Milano il 15 maggio 1913. Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Roma, dove si laurea in architettura nel 1937. A Roma entra in contatto con l’ambiente artistico e intellettuale e si lega, in modo particolare, ad Alberto Savinio. Alla fine degli anni Trenta è di nuovo a Milano come architetto e illustratore e dove, nel 1943, tiene la sua prima mostra personale. Nel 1944 torna a Roma dove incontra Leonor Fini e Stanislao Lepri e inizia a frequentare artisti, letterati e galleristi quali Alberto Moravia, Elsa Morante, Irene Brin e Gaspero Del Corso, Mario Praz, Alberto Savinio e il fratello Giorgio de Chirico. Nel 1945 partecipa a due importanti mostre collettive: a Roma, presso la libreria-galleria La Margherita (con Leonor Fini e Alberto Savinio) e a New York presso la Julien Levy Gallery (con Giuseppe Viviani). Di questi anni sono anche le prime pubblicazioni di libri illustrati dall’artista, come il Bestiario di Leoncillo Leonardi e Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello. Nel 1947 esordisce come scenografo ne La professione della signora Warren di George Bernard Shaw, dando così inizio a una prolifica attività nell’ambito del teatro, del balletto e dell’opera. L’anno seguente partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove incontra Salvador Dalí e realizza le scene e i costumi per l’Orpheus di Igor Stravinskij, in scena al teatro La Fenice. Nel 1953 l'artista affronta una serie di viaggi nel Medio Oriente, Egitto, Siria, Giordania, Libia, Cirenaica e Turchia riportando poi nella sua arte due temi importanti: quello dei Miraggi e i Templi dell'uovo, cicli di costruzioni utopistiche nei deserti, che si sviluppano a spirale partendo da un nucleo centrale dove ha sede un ipotetico uovo primigenio. Nel 1955 espone a New York la maggior parte delle pitture eseguite in quegli anni. Contemporaneamente alla pittura, continua a lavorare come scenografo in teatro, collaborando anche con Giorgio Strehler. Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre del 1952, il Sonno romano, 1955, Le Confessioni palermitane del 1954 e la Minerva phlegraea del 1956-1957. Clerici ha ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali per la sua opera ed è stato esposto al MoMa, al Museo Guggenheim di New York, al Centre Pompidou di Parigi, al Museo Puškin di Mosca, ai Musei Vaticani ed in prestigiose collezioni private e pubbliche.