Romolo, Remo, il fico e la nascita di Roma
Ara Pacis, 9 a.C, lato ovest, scena del Lupercale in una ricostruzione a colori
La storia della fondazione di Roma inizia con la contesa da parte di due fratelli, Amulio e Numitore, del trono della città di Albalonga, nell’antico Lazio. Numitore venne spodestato da Amulio che, per paura di perdere in futuro il trono, decise di uccidere tutti gli eredi maschi del fratello e costrinse la figlia, Rea Silvia (discendente di Enea) a diventare vestale. In questo modo la fanciulla non avrebbe potuto avere figli e non avrebbe quindi generato possibili rivali. Mentre era al servizio del tempio però, Rea Silvia rimase incinta, amata dal dio Marte. Nacquero due gemelli, ai quali diede i nomi di Romolo e Remo.
Lo zio quindi, infuriato, ordinò di uccidere immediatamente i due neonati. Il servo incaricato però non ebbe il coraggio di compiere quel delitto e mise di nascosto i piccoli in una cesta affidandoli alla corrente del Tevere nella speranza che qualcuno li trovasse e si prendesse cura di loro.
La cesta si fermò sotto una pianta di fico (ficus ruminalis), proprio ai piedi del Palatino. In quel luogo e in quello stesso giorno una lupa, arrivata al fiume per abbeverarsi, udì il pianto dei bimbi. Li portò a riva, li riscaldò e li sfamò con il suo latte. Dopo poco passò in quel luogo anche il pastore Faustolo che senza esitare portò i due neonati a casa da sua moglie, la quale li crebbe come fossero stati i figli che lei non aveva potuto avere.
Ormai adulti e venuti a conoscenza delle proprie origini, i gemelli uccisero Amulio e riconsegnarono il potere d’Albalonga al nonno Numitore e, come colonia di quest’ultima, fondarono una città nei pressi della riva destra del Tevere, nel luogo in cui erano stati allattati dalla lupa e salvati.
Nel 753 a.C. nacque la città di Roma.
La pianta di fico, quindi, venne da sempre collegata alla fondazione di Roma e considerata un albero fausto. Il significato dell’attributo ruminalis può avere origini diverse, o perché all’ombra del fico si fermavano a riposare le bestie «ruminanti», o per l’allattamento dei due piccini, dal momento in cui gli antichi chiamavano «ruma» la mammella, o semplicemente ricollegandolo all’etimologia del nome di Romolo.