Just measuring unconsciousness – Each Second is the last
04.02 — 07.06.2020
Just measuring unconsciousness – Each Second is the last
04.02 — 07.06.2020
Lunedì 3 febbraio la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ospita le personali Just measuring unconsciousness di Gregorio Botta e Each Second is the last di Maria Elisabetta Novello , dedicate alla memoria di Lea Mattarella. Due versi della stessa poesia di Emily Dickinson sono stati scelti per due mostre parallele, che riflettono sulla fragilità e sulla transitorietà dell’esistenza, temi cari ai due artisti che partendo da un orizzonte comune giungono a esiti diversi.
Just measuring uncosciousness. Gregorio Botta
Misurare l’inconsapevolezza: come lo Stalker di Tarkovskij l’artista è un agrimensore che traccia i confini e le traiettorie in un campo sconosciuto. Gregorio Botta, sfruttando gli spazi della galleria, costruisce un percorso in quattro stazioni, una per ogni sala, quasi un viaggio esistenziale.
Si parte dalla stanza della gravitas: dal muro spuntano decine di bacchette di vetro sulle quali sassi si trovano in un equilibrio instabile e precario. Questa ondata di pietre sembra terminare su Sisifo, una scultura mobile che accoglie agli estremi di una sottile sbarra di vetro – che gira su se stessa - un pesante sasso e una leggera coppa di cera.
Sulla parete opposta quattro quadri impaginati in modo simile. L’ultimo, un quadro leggero, aereo fatto di fogli diafani, sospesi a un vetro, introduce alla stanza successiva. Quella del respiro, in cui all’interno di alabastri o forme di cera sembra soffiare un flatus.
Attraverso un lungo corridoio con gli Esercizi di deposizione (piccole opere realizzate con garze, lini, veline bruciate e sangue) che diventano lentamente Esercizi di stupore, si approda nella stanza costruita come un hortus conclusus: un chiostro popolato di opere abitate da foglie e sangue. Come accade nel giardino affrescato dal Beato Angelico nel Noli me tangere del Convento di San Marco a Firenze, la bellezza della natura si fonde con i segni del sacrificio (il rosso delle stimmate che diventa lo stesso dei fiori nel prato) in un’unica composizione che risolve ogni contraddizione.
Al centro, come in un vero chiostro, da un piccolo pozzo di ferro sgorga – vitale – un’acqua perpetua.
L’ultima tappa è la stazione dell’acqua, della sublimazione, dell’evaporazione. Qui domina la grande installazione Abbi cura di me: una moltitudine di vetri concavi colmi d’acqua proietta sulla parete la sua ombra luminosa: un’opera viva che ha bisogno di una attenzione continua e di essere sempre nutrita con nuova acqua.
Chiude il percorso Ofelia’s dreams: un letto di cera sull’acqua, attraversato da ferite dalle quali sgorgano rivoli d’acqua. Vita, dolore, desiderio, morte si fondono in questa opera che racchiude il senso di Just measuring uncosciousness.
Infine, al piano terra, nella grande stanza condivisa con Elisabetta Novello, Machina, un enorme dodecagono di ferro, inespugnabile, accoglie e protegge il mistero della vita. Al suo interno la fiamma di una lampada ad olio, quasi invisibile, si rivela inafferrabile attraverso strette feritoie.
Il catalogo della mostra, che sarà pubblicato nei giorni successivi all’inaugurazione per documentare l’installazione negli spazi della Galleria, contiene i contributi di Bruna Esposito, Massimo Mininni, Ludovico Pratesi e Andrea Viliani.
Each Second is the last. Maria Elisabetta Novello
Maria Elisabetta Novello costruisce un percorso narrativo composto dal susseguirsi e l’intrecciarsi di tre gruppi di lavori che investigano l’idea di temporalità infinita. Alla base della poetica di Novello è una ricerca sulla trasformazione. Il suo è un tentativo di analizzare e restituire un’interpretazione visiva di un’analisi sul tempo, riflessa anche nell’elaborata scelta dei materiali di cui spesso fa uso, come la cenere, il carbone, la polvere, materia che, seppur impalpabile, più di qualsiasi altra conserva le tracce del reale.
La grande opera che accoglie lo spettatore, MORTE VITA, LA MORTE NELLA VITA. VITA MORTE, LA VITA NELLA MORTE, riporta i versi tratti dalla poesia di Carlo Michelstaedter, Il canto delle crisalidi, in grandi scritte di cenere sul pavimento. Il gesto performativo compiuto dall’artista che trasporta la cenere da un verso all’altro, cancella e confonde le parole del testo, simbolicamente sovrapponendo il rapporto tra vita e morte. Traducendo l’azione in installazione Novello parla di circolarità eterna.
Nella grande sala in condivisione con l’opera di Gregorio Botta, Maria Elisabetta Novello allestisce un lavoro a parete, composto dalla collezione di fragili vetri, un archivio di Istanti, messo insieme accumulando i prelievi di polvere raccolti dall’artista dal 2014 a oggi per la serie Sopralluoghi: polveri, foglie, piume, piccole carte sono tracce di un vissuto, reperti urbani, testimonianze di un passaggio e di un tempo trascorso. Con Sopralluoghi Novello racconta la natura della sua intima ricerca nello spazio dove agisce scrutando, ascoltando con rispetto, prelevando solo ciò che silenziosamente si accumula e si trasforma in immagine metaforica della fugacità della memoria nel presente.
L’opera di Novello accoglie e traduce l’elemento effimero e fuggevole che porta in sé la fragilità del contemporaneo e l’instabilità dell’esistenza stessa. Sursum Corda, ultimo progetto in mostra, è un lavoro complesso, basato sull’elaborazione di quelle fondamentali azioni quotidiane che dettano il ritmo della vita: il respiro, il battito del cuore, le emozioni. Attraverso una serie di studi basati “sul sentire”, diverse registrazioni sonore e rappresentazioni grafiche narrano il rapporto che intercorre tra l’essere umano e ciò che lo circonda a livello fisico, relazionale, emotivo. L’opera da avvio a una conversazione elaborata e intima tra lo spettatore e il suo inconscio, che nel confronto con la rappresentazione del sé riflesso, produce una nuova partitura per l’interpretazione della propria posizione nel mondo.
Il catalogo della mostra, che sarà pubblicato nei giorni successivi all’inaugurazione per documentare l’installazione negli spazi della Galleria, contiene i contributi di Ilaria Gianni, Massimo Mininni e Ludovico Pratesi.