Quinto episodio della blog serie su Vincent van Gogh.
La serie completa è su What's on?, il blog della Galleria Nazionale.
I due dipinti di Vincent van Gogh Il giardiniere e L’Arlesiana, capolavori della collezione della Galleria Nazionale, sono stati di recente oggetto di un intervento di restauro che ha interessato una pluralità di aspetti, dalle operazioni conservative vere e proprie allo studio dei materiali e delle tecniche esecutive. Gli interventi sono stati inoltre occasione di un approfondito studio conoscitivo, supportato dall’applicazione delle più avanzate tecnologie al servizio dell’arte.
I risultati delle numerose indagini scientifiche hanno permesso la caratterizzazione dei due dipinti dal punto di vista diagnostico e archeometrico grazie all’acquisizione di informazioni dettagliate riguardanti la tecnica pittorica e le modalità esecutive, nonché la storia conservativa dei due capolavori dal momento della loro realizzazione a oggi. Le indagini, a cura di Ars Mensurae, sono avvenute in situ grazie all’ausilio di sistemi portatili, operando attraverso tecniche non invasive a tutela dell’integrità materica delle opere. Lo stato di conservazione dei materiali costitutivi, dalla superficie policroma al supporto tessile, è stato documentato grazie all’esecuzione di riprese in luce visibile in modalità Macro (10X), seguite da imaging multispettrale che ha reso possibile una mappatura integrale dei due dipinti in Fluorescenza Ultravioletta (UV), Riflettografia Infrarossa a 1100 nm e in Falso Colore, e Radiografia X Digitale (DRX). Le tecnologie diagnostiche messe in opera permettono di localizzare e studiare i materiali e gli elementi compositivi presenti: vernici di protezione, ritocchi riconducibili a restauri pregressi, pentimenti nella composizione figurativa ed eventuali altre pitture sottostanti o disegni preparatori realizzati dalla mano dello stesso artista. Grazie alle informazioni acquisite è stata quindi resa possibile la definizione dello stato di conservazione del supporto e degli strati pittorici e preparatori, offrendo inoltre la possibilità di delineare finalmente la genesi compositiva delle due opere. Grazie ad una campagna di indagini in Fluorescenza X (EDXRF), supportata dalla spettroscopia Raman a cura di Crisel Instruments, è stata resa possibile la caratterizzazione di pigmenti e materiali costitutivi; su alcune porzioni dei dipinti, inoltre, è stata eseguita un’ulteriore indagine in luce visibile (RTI - Reflectance Transformation Imaging), di supporto alla caratterizzazione del colore originale, contraddistinto dalla matericità delle pennellate peculiari della gestualità di Vincent van Gogh.
Grazie alla fruttuosa collaborazione delle varie professionalità coinvolte sono emersi dettagli di rilievo fondamentale, che hanno costituito il supporto necessario ai complessi e delicati interventi conservativi. Dalle informazioni raccolte durante la campagna diagnostica, è stato possibile confermare che le due opere sono state dipinte ad olio, con colori stesi mediante pennelli a pelo rigido di 5 e 10mm e secondo un ductus pittorico che segue l’andamento dei soggetti ritratti. Studiando i risultati delle analisi è inoltre stato possibile identificare i colori presenti sulla tavolozza utilizzata dall’artista, tra cui la lacca di geranio (Eosina), estremamente fotosensibile e purtroppo irrimediabilmente soggetta ad un progressivo fenomeno di fading che, nel corso del tempo e se non adeguatamente preservata, può compromettere la lettura ottimale dei dipinti in cui viene impiegata per i caratteristici rossi delicati e violacei. Lungo tutto il bordo perimetrale, su entrambe le opere, è possibile osservare una striscia di carta incollata, applicata probabilmente dal fratello Theo all’interno del suo studio parigino, a protezione dello spessore dell’opera prima che venisse incorniciata.
Nonostante sia stato posto a protezione delle opere un vetro museale antiriflesso e antisfondamento, le superfici presentavano vari fenomeni di deterioramento: depositi di particellato atmosferico, residui organici, sollevamenti, lacune e crettature accentuate della pellicola pittorica, nonché ritocchi e stuccature eseguiti nel corso di interventi di restauro pregressi, ormai alterati e non più idonei.
L’intervento conservativo ha previsto la rimozione dei depositi che offuscavano la superficie, visibili soprattutto in corrispondenza delle creste di colore, grazie all’ausilio di pennelli a setole morbide. Le operazioni sono quindi proseguite con il consolidamento dei numerosi sollevamenti e delle crettature instabili e con un’accurata pulitura dell’intera superficie delle opere, sia sul fronte che sul retro. Il restauro si è concluso con l’esecuzione di stuccature modellate a imitazione della superficie originale, seguite dalla reintegrazione cromatica con media pittorici stabili e compatibili con le caratteristiche ottiche della pellicola pittorica circostante.
A conclusione delle operazioni conservative è stato realizzato un rilievo 3D dei dipinti mediante laser scanner, grazie al supporto del Progetto Gis dell’Università di Urbino. Questa indagine permette, attraverso tecnologie digitali avanzate, di gestire i dati ottenuti dalla scansione delle superfici su un piano bidimensionale metricamente corretto, e garantisce di effettuare valutazioni qualitative e quantitative volte a costituire una banca dati consultabile e aggiornabile nel corso del tempo. In questo modo è possibile per l’operatore confrontare le immagini presenti nel database al fine di ottenere un’analisi dettagliata dello stato conservativo dei materiali, evidenziandone le variazioni nel tempo o quelle a seguito di eventi peculiari come, per esempio, una movimentazione o un eventuale evento accidentale. In partnership con l’Università di Urbino, infine, è stato possibile realizzare per i dipinti uno specifico condition report digitale, ad implementare la documentazione dettagliata in merito all’excursus vitae delle opere e allo stato conservativo attuale, anche in vista di eventuali prestiti futuri.
La serie completa è su What's on?, il blog della Galleria Nazionale.
I due dipinti di Vincent van Gogh Il giardiniere e L’Arlesiana, capolavori della collezione della Galleria Nazionale, sono stati di recente oggetto di un intervento di restauro che ha interessato una pluralità di aspetti, dalle operazioni conservative vere e proprie allo studio dei materiali e delle tecniche esecutive. Gli interventi sono stati inoltre occasione di un approfondito studio conoscitivo, supportato dall’applicazione delle più avanzate tecnologie al servizio dell’arte.
I risultati delle numerose indagini scientifiche hanno permesso la caratterizzazione dei due dipinti dal punto di vista diagnostico e archeometrico grazie all’acquisizione di informazioni dettagliate riguardanti la tecnica pittorica e le modalità esecutive, nonché la storia conservativa dei due capolavori dal momento della loro realizzazione a oggi. Le indagini, a cura di Ars Mensurae, sono avvenute in situ grazie all’ausilio di sistemi portatili, operando attraverso tecniche non invasive a tutela dell’integrità materica delle opere. Lo stato di conservazione dei materiali costitutivi, dalla superficie policroma al supporto tessile, è stato documentato grazie all’esecuzione di riprese in luce visibile in modalità Macro (10X), seguite da imaging multispettrale che ha reso possibile una mappatura integrale dei due dipinti in Fluorescenza Ultravioletta (UV), Riflettografia Infrarossa a 1100 nm e in Falso Colore, e Radiografia X Digitale (DRX). Le tecnologie diagnostiche messe in opera permettono di localizzare e studiare i materiali e gli elementi compositivi presenti: vernici di protezione, ritocchi riconducibili a restauri pregressi, pentimenti nella composizione figurativa ed eventuali altre pitture sottostanti o disegni preparatori realizzati dalla mano dello stesso artista. Grazie alle informazioni acquisite è stata quindi resa possibile la definizione dello stato di conservazione del supporto e degli strati pittorici e preparatori, offrendo inoltre la possibilità di delineare finalmente la genesi compositiva delle due opere. Grazie ad una campagna di indagini in Fluorescenza X (EDXRF), supportata dalla spettroscopia Raman a cura di Crisel Instruments, è stata resa possibile la caratterizzazione di pigmenti e materiali costitutivi; su alcune porzioni dei dipinti, inoltre, è stata eseguita un’ulteriore indagine in luce visibile (RTI - Reflectance Transformation Imaging), di supporto alla caratterizzazione del colore originale, contraddistinto dalla matericità delle pennellate peculiari della gestualità di Vincent van Gogh.
Microaspirazione della superficie
Grazie alla fruttuosa collaborazione delle varie professionalità coinvolte sono emersi dettagli di rilievo fondamentale, che hanno costituito il supporto necessario ai complessi e delicati interventi conservativi. Dalle informazioni raccolte durante la campagna diagnostica, è stato possibile confermare che le due opere sono state dipinte ad olio, con colori stesi mediante pennelli a pelo rigido di 5 e 10mm e secondo un ductus pittorico che segue l’andamento dei soggetti ritratti. Studiando i risultati delle analisi è inoltre stato possibile identificare i colori presenti sulla tavolozza utilizzata dall’artista, tra cui la lacca di geranio (Eosina), estremamente fotosensibile e purtroppo irrimediabilmente soggetta ad un progressivo fenomeno di fading che, nel corso del tempo e se non adeguatamente preservata, può compromettere la lettura ottimale dei dipinti in cui viene impiegata per i caratteristici rossi delicati e violacei. Lungo tutto il bordo perimetrale, su entrambe le opere, è possibile osservare una striscia di carta incollata, applicata probabilmente dal fratello Theo all’interno del suo studio parigino, a protezione dello spessore dell’opera prima che venisse incorniciata.
L'Arlesiana di Vincent van Gogh prima del restauro
Il giardiniere di Vincent van Gogh prima del restauro
Nonostante sia stato posto a protezione delle opere un vetro museale antiriflesso e antisfondamento, le superfici presentavano vari fenomeni di deterioramento: depositi di particellato atmosferico, residui organici, sollevamenti, lacune e crettature accentuate della pellicola pittorica, nonché ritocchi e stuccature eseguiti nel corso di interventi di restauro pregressi, ormai alterati e non più idonei.
L’intervento conservativo ha previsto la rimozione dei depositi che offuscavano la superficie, visibili soprattutto in corrispondenza delle creste di colore, grazie all’ausilio di pennelli a setole morbide. Le operazioni sono quindi proseguite con il consolidamento dei numerosi sollevamenti e delle crettature instabili e con un’accurata pulitura dell’intera superficie delle opere, sia sul fronte che sul retro. Il restauro si è concluso con l’esecuzione di stuccature modellate a imitazione della superficie originale, seguite dalla reintegrazione cromatica con media pittorici stabili e compatibili con le caratteristiche ottiche della pellicola pittorica circostante.
A conclusione delle operazioni conservative è stato realizzato un rilievo 3D dei dipinti mediante laser scanner, grazie al supporto del Progetto Gis dell’Università di Urbino. Questa indagine permette, attraverso tecnologie digitali avanzate, di gestire i dati ottenuti dalla scansione delle superfici su un piano bidimensionale metricamente corretto, e garantisce di effettuare valutazioni qualitative e quantitative volte a costituire una banca dati consultabile e aggiornabile nel corso del tempo. In questo modo è possibile per l’operatore confrontare le immagini presenti nel database al fine di ottenere un’analisi dettagliata dello stato conservativo dei materiali, evidenziandone le variazioni nel tempo o quelle a seguito di eventi peculiari come, per esempio, una movimentazione o un eventuale evento accidentale. In partnership con l’Università di Urbino, infine, è stato possibile realizzare per i dipinti uno specifico condition report digitale, ad implementare la documentazione dettagliata in merito all’excursus vitae delle opere e allo stato conservativo attuale, anche in vista di eventuali prestiti futuri.